Nelle pagine di Cristina Campo selezionate e commentate con maestria da Caterina Zamboni Russia si coglie un triplice movimento. Il primo è un movimento di ritorno alle origini, alla natura – umana, minerale, vegetale o animale che sia. Il secondo traspone in chiare, piane parole la bellezza e la forza che essa serba e schiude, perché fuori dalla parola esatta quella bellezza e forza si perdono, almeno per noi. Un terzo movimento, infine, rompe il cerchio nel quale vorremmo che i primi ci chiudessero, incantati. Qualcosa, infatti, in quella natura e in quelle parole tanto profondamente amate apre ad altro, a un’origine e a un ordine diverso, cui non possono che far cenno lasciandoci inquieti e spaesati, finché l’abisso non risponda all’abisso, per grazia, e tutto sia ridente e salvo.
Paolo Bettiolo
di Paolo Naso in "Avvenire" del 27 febbraio 2025
Qualche mese fa Donald Trump si è fatto sponsor di una speciale edizione della Bibbia fregiata della scritta “Dio benedica gli Usa”. «Molti di voi non l’hanno mai letta - dichiarò in appoggio al lancio di quell’edizione, per altro sollevando il legittimo dubbio se egli l’avesse letta. La religione e il cristianesimo sono le cose più grandi che mancano in questo Paese, e credo davvero che dobbiamo riprenderceli indietro e dobbiamo farlo in fretta».
In quei giorni era una strategia difensiva e una mossa elettoralistica tese a conquistare il consenso di un elettorato allora ancora dubbioso sulle virtù cristiane del candidato. Oggi, a pochi giorni dalla istituzione alla Casa Bianca di un “Ufficio per la fede” diretto dalla predicatrice Paula White, l’immagine di Trump con la Bibbia o del presidente raccolto in preghiera mentre viene benedetto dai pastori evangelical del neocostituito “Ufficio della fede” diventano l’icona di un programma che adotta simboli e linguaggi politici.
Sono verticale, recita il titolo di una poesia di Sylvia Plath che Marta Bonaventura sapientemente commenta. L’incipit recita: Ma preferirei essere orizzontale, perché solo allora, prosegue, distesa, dormiente, c’è colloquio tra il cielo e me; solo quando sarò distesa per sempre, morta, solo allora gli alberi mi toccheranno e i fiori avranno tempo per me. Prima, la mente la rende verticale, la sbalza fuori dal mondo al quale così non può aver parte. Non c’è in queste righe, in questa confessione di sventura, alcun Padre nei cieli, verso il quale “non possiamo fare alcun passo”, perché “non si cammina in verticale”, ma a cui si può rivolgere lo sguardo, perché “sta a lui cercarci” – in spe.
Lo scriveva Simone Weil – e l’accostamento invita a pensare.
Paolo Bettiolo
Una donna ancora giovane oziosamente distesa in una mattina di sole all’ombra di un albero. Fiori cadono stupendi su di lei che, staccati dai rami, presto si sfanno. L’enigma di questa bellezza tanto vana nella sua caducità la induce a pensare al suo stesso veloce e vano passare. Ieri, giovanissima, un giovane si era fermato davanti a lei, poi era già suo sposo, difficile quanto amato, e ora lì in quell’ora piena di sole pensa cupa che non vuole un figlio… Un secondo figlio. Un piccolo bimbo gioca vicino a lei e ora richiama la sua attenzione. Lei lo guarda ostile, lui sorride non credendole, solare… e la sua bimba fiducia gioiosa la attira commossa vicino a lui.
Tutto qui. La vita è un terribile enigma, scrive Katherine Mansfield… ma, se non forse un fiore, un bimbo in una breve ora felice apre a incontenibile grazia, annota Eva Avesani.
Paolo Bettiolo
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Vi scrivo oggi per rivolgervi alcune parole in questo delicato momento che state vivendo come Pastori del Popolo di Dio che pellegrina negli Stati Uniti d’America.
1. Il cammino dalla schiavitù alla libertà compiuto dal Popolo d’Israele, così come narrato nel libro dell’Esodo, ci invita a guardare alla realtà del nostro tempo, così chiaramente segnata dal fenomeno della migrazione, come a un momento decisivo nella storia per riaffermare non soltanto la nostra fede in un Dio che è sempre vicino, incarnato, migrante e rifugiato, ma anche nella dignità infinita e trascendente di ogni persona umana [1].
Riprendiamo dalla pagina youtube di Gabrielli editori la registrazione della presentazione del libro di Giuseppe Goisis Con soavi cure. Un cammino nell’umano alla ricerca di senso del 31 gennaio 2025, con gli interventi di Francesco Ghia, Professore associato di Filosofia morale e Filosofia della storia all’Università di Trento e di Alberto Laggia, giornalista, già inviato speciale di "Famiglia Cristiana", Direttore de "L'Amico del Popolo" di Belluno.
Nelle pagine che Elisa Marconato ci restituisce e commenta, Anna Maria Ortese narra con dolore e ira il proprio smarrimento nei confronti di un’umanità che nella sua grandezza “milanese” patisce un penoso “ottundimento dei sensi”, un’incapacità di discernere e gradire, così che, pur tutto potendo, “non gusta più che poco o niente”. Un’umanità in sé scissa – ci dice –, che rifiutando la natura rifiuta sé stessa, e ne muore. E se non ne muore, è raggiunta dall’amara invettiva del conte/Cristo: “Impazzerei di gioia, se sapessi che essa” – quella natura che, ne è certo, non vuole essere abbandonata dall’uomo, che si strugge per il figlio che l’abbandona – non ha bisogno di noi”.
Paolo Bettiolo
Pubblichiamo il sermone della vescova episcopaliana Mariann Budde in presenza del presidente Trump, in “www.garriguesetsentiers.org” del 29 gennaio 2025 (traduzione: www.finesettimana.org).
Questo culto nazionale ci riunisce per pregare per l'unità del popolo e della nazione. Non un accordo politico, ma un'unità che rafforzi la nostra unione al di là delle nostre diversità e divisioni. Un'unità che serva al bene comune e ci permetta di vivere in libertà e insieme in un Paese libero. Questa, come ha detto Gesù, è la roccia solida su cui costruire una nazione.
di Mara Rumiz
”L’abolizione della guerra è un progetto indispensabile e urgente
se vogliamo che l’avventura umana continui”
da Una persona alla volta, Gino Strada, Feltrinelli
Difficile scrivere qualcosa su Gino Strada. Non per non sapere cosa scrivere ma perché da scrivere ci sarebbe proprio tanto. Gino era (ogni volta che scrivo era mi viene un groppo alla gola) un vulcano di cose diverse: certamente medico, anzi, chirurgo, fondatore di Emergency, ma anche pensatore e divulgatore, scrittore, attivista accanito per la giustizia, l’uguaglianza e contro la guerra. E per me era un amico, anzi, è ancora un amico. Non è semplice, dunque, condensare in un paio di pagine quello che Gino è stato, tant’è che mentre scrivo mi vengono in mente tanti episodi, tanti discorsi, tante serate passate insieme. Quasi quotidianamente gli parlo, gli chiedo consiglio, lo interrogo su cosa farebbe lui in questo mondo che si è riempito ovunque di guerre, di ingiustizie, di diseguaglianze.
Pagina 1 di 25