di Franco Valenti
L’Europa è in fibrillazione per la caduta del regime della famiglia Assad. Invece di partecipare attivamente alla soddisfazione per la fine di un regime sanguinario che, in circa 60 anni di potere assoluto, ha martirizzato decine di migliaia di cittadini inermi – ritenuti oppositori politici magari solo per una innocente critica al regime – ora trova il modo di bloccare i riconoscimenti di protezione internazionale ai profughi siriani la cui pratica è ancora in corso, per rispedirli subito in Siria, insieme agli eventuali nuovi malcapitati che stanno per arrivare o che stanno decidendo di partire.
Attraverso il movimento islamista Hay’at Tahrir al-Sham, la Turchia coglie due obiettivi: Erdogan può rispedire indietro tre milioni di siriani trattenuti nei campi profughi senza servizi e impossibilitati a regolare la propria posizione, mentre l’Europa gli promette un ulteriore miliardo per aiutarlo a rimpatriarli e a contenere eventuali siriani in uscita dal suo Paese. Così, il “sultano” può continuare a chiudere – qualche volta ad aprire “ad arte” – i flussi migratori a suon di miliardi. E l’Europa, per le vie brevi – troppo brevi – può fare persino a meno di considerare lo status dei sopraggiunti. Dichiarazioni, in tal senso, sono state udite dalle nostre orecchie, da subito, in Germania, Danimarca e Italia.
di Vittorio Borraccetti, in "Il Mattino di Padova" di venerdì 21 marzo 2025
La riforma costituzionale in discussione al Parlamento riguarda l’ordinamento della magistratura. Il suo scopo non è tanto la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri. Se questo fosse stato, la maggioranza di governo avrebbe potuto conseguirlo agevolmente con un disegno di legge ordinaria, senza toccare la Costituzione, secondo le indicazioni dalla Corte costituzionale in due sentenze del 2000 e 2002.
La separazione delle carriere mira invece allo scardinamento dell’attuale assetto costituzionale della magistratura e al controllo del pubblico ministero. Quello che non si vuole è il pubblico ministero indipendente nell’indagine e nell’esercizio dell’azione penale obbligatoria, che è una condizione dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. La separazione darà vita a un ordine autonomo di pubblici ministeri, titolari del potere di indagine e di iniziativa penale, senza più riferimento alla giurisdizione nel suo insieme, quindi fatalmente destinato a trovare un riferimento nel potere politico oppure a essere limitato nel potere di indagine e di iniziativa penale.
di Carlo Beraldo
Periodicamente in Italia si sviluppano discussioni, che spesso degenerano in veri e propri conflitti tra posizioni in netta contrapposizione ideologica, sul tema dell’aborto. Recentemente la polemica, alimentata dai differenti giudizi sull’inserimento in Francia dell’aborto come diritto costituzionale, è sorta in conseguenza dell’inserimento nel cosiddetto Decreto PNRR 2024, ratificato dal Parlamento nell’ultima settimana di aprile, di un comma che così dice: “Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell'ambito della Missione 6, Componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità” (Art. 44-quinquies.).
di Giancarla Codrignani
La presidente Meloni assieme a Orban (il presidente della "democrazia illiberale") ha detto che loro "difendono Dio". Le domande che vengono immediatamente sono: quale Dio? da chi va difeso? e come uno Stato può difendere Dio
Che il mondo non è immobile, lo dimostrano le storie dei singoli paesi e delle istituzioni. Parlare di un Dio “difeso” da un governo è un controsenso rispetto a Dio che non vuole essere nominato invano e rispetto ai principi dello Stato moderno. La Pira pensava che la Costituzione dovesse avere un preambolo in cui si scrivesse che “nel nome di Dio” veniva approvata la Carta fondamentale e fu proposta giustamente bocciata. Che Dio non vada “usato” dai poteri è il minimo sindacale proprio perché, per quanto in buona fede secondo le credenze di tempo e luogo, gli uomini, figurarsi i politici (la cosa vale anche per le donne) sono fallibili.
di Gianni Manziega
Ora che ho superato gli ottanta, inevitabilmente, voltandomi indietro, rivedo i volti di qualificati intellettuali non più in vita, scrittori e saggisti prevalentemente nel campo della filosofia e della teologia, che hanno collaborato con la rivista Esodo, di cui sono direttore redazionale, e che hanno lasciato traccia nel cammino della nostra ricerca: Germano Pattaro, Benedetto Calati, Luigi Sartori, Amos Luzzatto, Carlo Molari, Pino Goisis, (forse ne dimentico qualcuno)... e ora Giannino Piana.
di Giannino Piana
Che cosa pensi di un eventuale riconoscimento legale del suicidio assistito anche nel nostro Paese? Va sempre per principio rifiutato o esistono situazioni in cui lo si può ammettere?
Non sono di per sé contrario all’introduzione anche nella legislazione del nostro Paese del suicidio assistito, purché vengano circoscritte con precisione le condizioni richieste per il ricorso ad esso. Sono sempre stato un sostenitore dell’importanza delle cure palliative, ancora troppo poco praticate in alcune aree geografiche del nostro Paese.
di Giannino Piana
A proposito di maternità surrogata è stata avanzata dalla destra politica e da alcune aree reazionarie del mondo cattolico la proposta di dichiararla “reato universale”. Cosa si deve pensare?
Personalmente la ritengo una proposta stravagante. E non solo per le ragioni da molti giustamente addotte circa le ricadute negative sui bambini – anche laddove ad essi venisse riconosciuto (non è così nel nostro Paese) il diritto ad avere una coppia genitoriale, e dunque i diritti propri di ogni bambino – ma anche perché si violerebbe in questo modo l’autonomia dei singoli Stati, che devono poter intervenire a darsi la legislazione che ritengono più conforme alle istanze della loro cittadinanza.
Si può pensare che l’esercito assuma forme di azione nonviolenta? Non è forse nella sua natura l’uso della violenza attraverso le armi? E non è questa la ragione del riconoscimento dell’obiezione di coscienza?
La risposta a questi interrogativi non è facile. È vero intanto che l’esercito è stato da sempre concepito come un’istituzione che ha nel suo Dna il ricorso alla violenza mediante l’uso delle armi. Ma è altrettanto vero che il ministero cui esso fa capo ha semplicemente il titolo di ministero della difesa, e non della difesa armata. Ora se è possibile – come ci ha ricordato Gandhi con la sua testimonianza personale – intervenire nei conflitti in maniera nonviolenta, se cioè si dà la possibilità di una difesa nonviolenta, la quale non implica passività o inazione, ma è fatta di interventi fondati sull’assunzione di tecniche ben definite perché non prenderla in considerazione? Si dirà: ma perché il ricorso per questo proprio all’esercito?
di Giannino Piana
Nelle scuole superiori si stanno diffondendo i progetti “Carriera Alias” dedicato a studenti transgender. Quale la tua valutazione? A quali condizioni sono progetti positivi per l’educazione al rispetto delle diversità e per la presa di coscienza matura della propria sessualità?
Devo confessare le mie perplessità per l’iniziativa, messa in atto dalla preside del liceo “Marco Polo” di Venezia, di fornire la facoltà per gli studenti transgender di cambiare il nome anagrafico in quello del genere in cui si riconoscono. Naturalmente non sono d’accordo con gli interventi esagitati degli esponenti di Fratelli d’Italia, che parlano di “falsità ideologica” e di “ingerenza inaccettabile”, anche perché – questo deve essere sottolineato – il progetto è stato concordato dalla preside con il Consiglio di Istituto, il collegio docenti e i genitori.
Pagina 1 di 5