Rete Cammino Sinodale Chiesa Italiana
A
Uscire dal sistema dei cappellani militari
La “guerra mondiale" in cui siamo immersi, dentro il sistema gigantesco di ingiustizia e di complicità che la alimenta, ci spinge sempre più a valutare gli strumenti bellici “con una mentalità completamente nuova”.
Pubblichiamo l'appello per il cessate il fuoco e la ripresa del dialogo promosso da un gruppo di intellettuali legati in vario modo alla comunità ebraica italiana.
Siamo un gruppo di ebree ed ebrei italiani che, dopo la ricorrenza del Giorno della Memoria e nel vivere il tempo della guerra in Medio Oriente, si sono riuniti e hanno condiviso diversi sentimenti: angoscia, disagio, disperazione, senso d’isolamento. Il 7 ottobre, non solo gli israeliani ma anche noi che viviamo qui siamo stati scioccati dall’attacco terroristico di Hamas e abbiamo provato dolore, rabbia e sconcerto. E la risposta del governo israeliano ci ha sconvolti: Netanyahu, pur di restare al potere, ha iniziato un’azione militare che ha già ucciso oltre 28.000 palestinesi e molti soldati israeliani, mentre a tutt’oggi non ha un piano per uscire dalla guerra e la sorte della maggior parte degli ostaggi è ancora incerta. Purtroppo sembra che una parte della popolazione israeliana e molti ebrei della diaspora non riescano a cogliere la drammaticità del presente e le sue conseguenze per il futuro. I massacri di civili perpetrati a Gaza dall’esercito israeliano sono sicuramente crimini di guerra: sono inaccettabili e ci fanno inorridire.
Anche quest’anno, avvicinandoci al Natale e ricordando Pierluigi Di Piazza, compagno di strada di tanti uomini e donne appartenenti alle varie tribù della terra, vogliamo condividere qualche proposta di riflessione e confronto con ciascuna e ciascuno di voi.
La ricorrenza del Natale si celebra in concomitanza con il solstizio d’inverno, tempo che tutte le culture dell’emisfero settentrionale del pianeta hanno percepito come portatore di un’immensa speranza proprio nel momento in cui le tenebre e il freddo sembrano aver sopraffatto la luce e il calore del sole. Da quel momento le giornate si allungano e i raggi della nostra stella sembrano lentamente risvegliare i semi e i germogli di una nuova vita apparentemente sepolti nella terra.
Israele-Palestina. Il quadro storico del conflitto
registrazione dell'incontro con Paolo De Stefani, docente di Diritto internazionale Università di Padova
11 novembre 2023 in collaborazione con le associazioni Una Strada, La Rotonda, Di Casa. Parrocchia di Carpenedo, Mestre
di Enrico Trevisi, Vescovo Diocesi di Trieste
La “teoria della guerra giusta” poneva condizioni molto rigorose. Chi la evoca oggi non la conosce. Era nata un po’ alla volta lungo i secoli e sempre per limitare la guerra, restringerla e costringerla a ridimensionarsi. Per fare la guerra (lo jus ad bellum) si chiedeva: 1) una causa giusta; 2) un’autorità competente; 3) una retta intenzione; 4) rimedio estremo; 5) proporzionalità; 6) probabilità di successo. E una volta scoppiata la guerra (lo jus in bello) si prescriveva 1) la discriminazione tra obiettivi civili e obiettivi militari; 2) la proporzionalità di ogni azione militare rispetto agli esiti ragionevolmente sperati. Tutte condizioni che nelle attuali guerre sono disattese.
di Maurizio Ambrosini
Il volontariato è un fenomeno multiforme e sfaccettato, che coinvolge milioni di persone, in Italia e nel mondo. Siamo soliti tuttavia immaginarlo come un rapporto in cui chi sta meglio, per condizione sociale, salute, mezzi economici, aiuta chi si trova per qualche ragione in una condizione di bisogno o di mancanza. Se pensiamo al rapporto tra volontariato e immigrati, il pensiero va ai cittadini solidali che dedicano tempo, risorse ed energie alle molte necessità dei cittadini stranieri, specialmente i neo-arrivati e i più fragili: scuole d’italiano, ambulatori, mense, dopo-scuola, dormitori e mille altre iniziative. Talvolta anche contrastate da indirizzi politici di chiusura ed esclusione, come nel caso emblematico dei salvataggi in mare.
La nota dell'Ufficio per le comunicazioni sociali: l’impegno della Chiesa è combattere l’illegalità con la legalità, evitando che il Mediterraneo diventi sempre più un cimitero: ogni vita va salvata.
In questi giorni la Conferenza Episcopale Italiana e alcune Diocesi, insieme ai loro Pastori, sono state pretestuosamente chiamate in causa da qualche organo di informazione. Nel contesto di un’inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica di Ragusa a carico di “Mediterranea Saving Humans – APS” per presunto favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e presunta violazione del codice della navigazione, sono state avanzate accuse diffamatorie nei confronti di persone e istituzioni ecclesiastiche, a partire da alcune chat usate in modo strumentale e improprio. Una pratica questa che, contro chiunque venga utilizzata, merita sdegno e disappunto.
di Maurizio Ambrosini
La percezione di un’immigrazione montante e drammatica è stata per anni un dato di senso comune così potente e comunemente accettato da non essere mai posto in discussione. Lo stesso accade per il rapporto tra immigrazione e povertà. E pochi osano avanzare dubbi nei confronti dell’inossidabile slogan “aiutiamoli a casa loro”. In realtà anche chi vorrebbe stare dalla parte degli immigrati o almeno assumere una posizione equilibrata accetta l’inquadramento del fenomeno fornito da un senso comune largamente ostile. Il primo passo per un approccio serio alla questione consiste invece nel conoscere qualche dato fondamentale e interpretarlo adeguatamente.
di Yahya Pallavicini, imam, e vicepresidente di Coreis (Comunità religiosa islamica italiana), in Avvenire del 26 ottobre 2023
La comunità religiosa islamica italiana ringrazia papa Francesco per il richiamo spirituale universale che riconosce nell’invito al digiuno rivolto ai cristiani per la pace in Terra Santa. Nell’Islam il digiuno assume il significato di astensione da sé stessi e purificazione dal male a patto che sia compiuto con un’intenzione chiara rivolta all’incontro con il proprio Signore. Come musulmani italiani assistiamo alle conseguenze della violenza in Israele e dei bombardamenti militari a Gaza: odio, rapimenti, omicidi, distruzione, feriti e morti. La speculazione sul numero dei defunti si accompagna alle analisi politiche e morali sull’attribuzione della colpa e sull’ideale di legittimità o di sicurezza nazionale.
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