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a cura di Carlo Beraldo, Vittorio Borraccetti, Carlo Rubini
1. Questo numero di Esodo, dedicato al rapporto religione-politica, nasce dall’indignazione provata da molti per l’uso della fede cristiana, dei suoi simboli, dello stesso nome di Dio, da parte di alcuni partiti nelle competizioni elettorali, e non solo, a sostegno di un proprio progetto politico, i cui contenuti sembrano contrastare con i valori fondanti del messaggio cristiano per sua natura universalistico. Questa strumentalizzazione viene compiuta da una molteplicità di soggetti politici nel mondo attuale, più che altro di orientamento conservatore e autoritario, e non solo con riferimento al cristianesimo; si usa il fondamento religioso come uno degli elementi identitari di una comunità sociale (accanto ad altri, come una certa idea di nazione e famiglia), con tendenziale esclusione o discriminazione di chi non si riconosce in essi. In Europa manifestazioni di esplicito uso della religione a fini politici sono presenti, oltre che in Italia, in paesi come l’Ungheria e la Polonia, tra i più noti. Tale prassi si evidenzia in altre aree del mondo, coinvolgendo ulteriori religioni, oltre al cristianesimo nelle sue diverse manifestazioni, come l’islam, l’ebraismo, l’induismo, ecc. L’uso politico della religione ali- menta spesso nazionalismo e sovranismo, contrastando sul piano internazionale il multilateralismo e i faticosi tentativi di costruire organismi sovranazionali capaci di prevenire e governare i conflitti e, sul piano interno, il pieno riconoscimento dei diritti soggettivi a chi non si riconosce nei prevalenti modelli morali di comportamento derivanti dalla religione.
intervista a Stefano Levi Della Torre a cura di Umberto De Giovannangeli in “l’Unità” del 24 aprile 2024
Professor Levi Della Torre, cosa distingue a suo avviso una critica a Israele per ciò che sta perpetrando a Gaza da un atteggiamento antisemita?
La critica a Israele per il massacro a Gaza è doverosa. L’aggressione terribile di Hamas del 7 ottobre ha traumatizzato nel profondo Israele rinnovando memorie dei pogrom e del genocidio e rivelando una sua inattesa vulnerabilità. Israele ha diritto di reagire e difendersi? Negarlo sarebbe un sintomo antisemita. Ma a Gaza e in Cisgiordania Israele ha trasformato la guerra contro Hamas in guerra contro il popolo palestinese su due fronti, quello di Gaza e quello in Cisgiordania.
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