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a cura di Carlo Beraldo, Vittorio Borraccetti, Carlo Rubini
1. Questo numero di Esodo, dedicato al rapporto religione-politica, nasce dall’indignazione provata da molti per l’uso della fede cristiana, dei suoi simboli, dello stesso nome di Dio, da parte di alcuni partiti nelle competizioni elettorali, e non solo, a sostegno di un proprio progetto politico, i cui contenuti sembrano contrastare con i valori fondanti del messaggio cristiano per sua natura universalistico. Questa strumentalizzazione viene compiuta da una molteplicità di soggetti politici nel mondo attuale, più che altro di orientamento conservatore e autoritario, e non solo con riferimento al cristianesimo; si usa il fondamento religioso come uno degli elementi identitari di una comunità sociale (accanto ad altri, come una certa idea di nazione e famiglia), con tendenziale esclusione o discriminazione di chi non si riconosce in essi. In Europa manifestazioni di esplicito uso della religione a fini politici sono presenti, oltre che in Italia, in paesi come l’Ungheria e la Polonia, tra i più noti. Tale prassi si evidenzia in altre aree del mondo, coinvolgendo ulteriori religioni, oltre al cristianesimo nelle sue diverse manifestazioni, come l’islam, l’ebraismo, l’induismo, ecc. L’uso politico della religione ali- menta spesso nazionalismo e sovranismo, contrastando sul piano internazionale il multilateralismo e i faticosi tentativi di costruire organismi sovranazionali capaci di prevenire e governare i conflitti e, sul piano interno, il pieno riconoscimento dei diritti soggettivi a chi non si riconosce nei prevalenti modelli morali di comportamento derivanti dalla religione.
Secondo rapporto sulla situazione e i bisogni delle persone migranti in arrivo dalla rotta balcanica a Trieste.
Il presente Rapporto segue quello pubblicato nell’anno 2023 con il titolo “Vite abbandonate. Rapporto sulla situazione e i bisogni delle persone migranti in arrivo dalla rotta balcanica a Trieste nel 2022”. È stato redatto dalla stessa Rete solidale che unisce le forze di associazioni che a Trieste operano sui temi dell’accoglienza, della tutela legale e dell’assistenza umanitaria a persone migranti che arrivano nella città dalla rotta balcanica.
L’attività della Rete era già stata avviata nel 2021, si è rinforzata nel corso del 2022 ed è poi proseguita consolidandosi nel 2023. Ciò ha permesso di attuare un monitoraggio costante e quotidiano della situazione con una collegata attività di supporto e assistenza gestita interamente dagli autori del presente Rapporto con il sostegno crescente della società civile.
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di Andrea Grillo, in “Come se non” - http://www.cittadellaeditrice.com/munera/ - del 13 giugno 2024
La luce del recente documento Dignitas infinita illumina la questione della guerra in una forma nuova. Prima di tutto leggiamo qui di seguito il testo dei nn. 38-39, con alcune evidenziature. Va detto che la prospettiva del documento è quella della “negazione della dignità infinita”, che nella guerra trova, ahinoi, uno dei suoi luoghi classici. Ecco i due paragrafi dedicati al tema:
38. Un’altra tragedia che nega la dignità umana è la guerra, oggi come in ogni tempo: «guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali e religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana […] vanno “moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una ‘terza guerra mondiale a pezzi’”». Con la sua scia di distruzione e dolore, la guerra attacca la dignità umana a breve e a lungo termine: «pur riaffermando il diritto inalienabile alla legittima difesa, nonché la responsabilità di proteggere coloro la cui esistenza è minacciata, dobbiamo ammettere che la guerra è sempre una “sconfitta dell’umanità”.
di Carlo Bolpin
Concordo con quanto scrive Paola Cavallari sullo “stupro bellico” (Lo stupro bellico: "quintessenziale" della virilità). Penso che occorra alzare la voce sulle tematiche che lei affronta, troppo poco considerate. Non si ripete mai abbastanza il concetto di fondo: “quella dell’uomo sulla donna è la forma di violenza primigenia, […] che funge da modello e precede – se non storicamente certo su un piano simbolico – ogni altra forma di conflitto, sia etnico, religioso, tribale, di classe, di partito o di nazione; in altre parole, il modello della sopraffazione pura, prima dell’oppressione dell’uomo sull’uomo, quella della oppressione dell’uomo sulla donna”. Non se ne traggono le conseguenze sul piano culturale e dell’azione pratica nei diversi settori pubblici e interpersonali.
di Sergio Paronetto, pubblicato in Viandanti il 23 maggio 2024
Una giornata di grazia, una piccola ONU dei popoli. All’Arena “giustizia e pace si baceranno” (Sal 85) del 18 maggio 2024 era presente una folla multicolore di 12.000 persone, espressione di centinaia di associazioni, gruppi e movimenti. Quello di Verona è diventato, nei fatti, il primo incontro italiano dei movimenti popolari (definiti dal papa “poeti sociali”), o, per meglio dire, l’incontro dei movimenti popolari mondiali con associazioni e movimenti italiani.
Tanta gente proveniente da tutta Italia (da Bolzano a Trapani) e da tutto il mondo: il brasiliano J. Pedro Stedile dei Sem terra, l’ugandese Vanessa Nakate del Friday for future, l’afghana Mahbouba Seraj, candidata al Nobel, il palestinese Aziz Sarah con l’israeliano Maoz Inon, la bielorussa Olga Karak; tante donne, collegate in video, dei movimenti femminili Women Wage Peace, Women of the Sun e dell’Alleanza per la pace in Medio Oriente, il filosofo Edgar Morin.
di Laura Munaro
“We refuse to be enemy” (ci rifiutiamo di essere nemici). Così cita la scritta all’ingresso della fattoria denominata Tent of Nations a sud di Betlemme, gestita dalla famiglia Nassar, arabo cristiana, da generazioni. La scritta rappresenta la scelta di vita di Daoud Nassar, il proprietario dell’azienda agricola di famiglia.
Situata su una collina in West Bank - Area C dei territori occupati, la fattoria si estende su 42 ettari. È circondata da cinque insediamenti illegali di Gush Etzion, secondo quanto stabilito dagli accordi di Oslo del 1993 e dalla quarta convenzione di Ginevra. La famiglia Nassar vive vicino al Muro di separazione che divide tutta la Palestina da Israele.
di Maurizio Ambrosini, in Avvenire del 20 giugno 2024
A volte le coincidenze sono illuminanti. È appena finito il G7, che nel suo comunicato finale menziona le migrazioni, ma adottando quell’approccio che ormai è diventato abituale nel discorso istituzionale dei paesi avanzati. I grandi del mondo hanno lanciato “la Coalizione del G7 per prevenire e contrastare il traffico di migranti”, affermando: «ci concentreremo sulle cause profonde della migrazione irregolare, sugli sforzi per migliorare la gestione delle frontiere e frenare la criminalità organizzata transnazionale e sui percorsi sicuri e regolari per la migrazione». L’ultimo aspetto, il più importante, viene solo dopo la sorveglianza dei confini e la lotta contro gli arrivi non autorizzati.
di Luca Casarini, da l'Unità, 19 giugno 2024
"Sono rimasti tutti a bocca aperta"
Il G7 dunque, si è concluso con due naufragi, dove sono morte più di cento innocenti, tanti bambini. Nessuno lo dirà, il copione del vertice prevedeva i saluti finali e la foto opportunity dei “grandi”, a bordo piscina del resort di plastica a cinque stelle dove si è celebrato l’evento. Come ha avuto modo di dichiarare la presidente del consiglio, reginetta della festa, “le signore facevano lo shopping, e davanti alle orecchiette preparate dai nostri chef, sono rimasti tutti a bocca aperta…”. Anche i cento inghiottiti ancora una volta dalle acque della nostra fossa comune per migranti, il mare, avevano la bocca aperta. Cercavano aria per poter respirare, intrappolati nella stiva di una barca di otto metri dove erano stipati uno sull’altro, finche una barca a vela di soccorso, Nadir della flotta civile, non li ha raggiunti, a sud di Lampedusa, sfondando con le asce il legno di quella che era diventata una cassa da morto galleggiante.
Pubblichiamo la dichiarazione del 23 maggio 2024 Per la cooperazione ebraico-islamica in Europa: Dichiarazione di Sarajevo del Muslim Jewish Leadership Council, in Inchiesta online.
Negli ultimi quattro giorni a Sarajevo il MJLC (Muslim Jewish Leadership Council) ha riunito giovani leader ebrei e musulmani provenienti da tutta Europa per avviare percorso condiviso di un anno nell’ambito dell’Ambassador Programme del MJLC. L’incontro di Sarajevo ha incluso due giorni di formazione, visite a siti religiosi, un viaggio di commemorazione a Srebrenica per onorare le 8.372 vittime del Genocidio e un evento inaugurale di sostegno per i nostri nuovi giovani Ambassadors. Nello spirito del dialogo e sulla base delle lezioni apprese a Sarajevo sulla lunga storia delle religioni, del conflitto e della coesistenza in Bosnia, sentiamo il bisogno di dare voce a questa esperienza.
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