di Paolo Viana, in "Avvenire" del 24 gennaio 2025

La Chiesa di Bolzano-Bressanone chiede perdono alle persone coinvolte nei casi di abuso sessuale e fa sapere che mai più un’accusa sarà risolta con il trasferimento del sacerdote, ma vi sarà un «perseguimento coerente» dei casi sospetti e un comitato proporrà le misure successive, eventualmente anche preventive. Fin qui la notizia civile più importante. Ma le conseguenze dell’inchiesta indipendente che la diocesi ha commissionato sugli abusi ai minori va ben oltre. Non solo perché dalle oltre 600 pagine consegnate dallo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera emergono, tra il 1963 e il 2023, 67 casi di presunti abusi (9 dei quali sembrerebbero fondati, 44 avrebbero una fondatezza plausibile mentre dubbi sono 14) ma perché questa “perizia” contiene anche dei consigli sulla organizzazione delle attività ecclesiali che ispireranno anche l’imminente “riforma” della Curia altoatesina.

 

Commentando ieri la presentazione del rapporto, il vescovo Ivo Muser ha insistito sul «cambiamento culturale» che intende promuovere nel corpo ecclesiale. E non solo: rivolgendosi ai presenti ha detto: «Mi assumo la responsabilità per gli errori che sono stati commessi durante il mio mandato e da me. E questi includono l’insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, la riluttanza nell’adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati, e una documentazione carente nel delineare i passaggi nella gestione dei casi di abuso». Una assunzione di responsabilità a cui il vescovo Muser ha aggiunto anche la richiesta di «perdono ai soggetti coinvolti, alle comunità parrocchiali, ai sacerdoti accusati e ai fedeli della nostra diocesi per le mie mancanze come vescovo, assumendomene ogni responsabilità».
Il presule ha stigmatizzato che «i bambini e i giovani vittime di abusi sono rimasti invisibili o sono stati resi tali. I colpevoli sono stati trasferiti, come si dice, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Anche nelle famiglie e nelle parrocchie ci si rifiutava di guardare…». Uno stile che fa pensare ad una mentalità da cambiare: «tutto questo e molto altro - ha puntualizzato Muser - può accadere di nuovo» invocando il «coraggio di comprendere perché si sono verificati abusi sessuali e altre forme di violenza». L’operazione voluta dalla diocesi, del resto, si chiama “Il coraggio di guardare”.
Gli esperti hanno evidenziato gravi omissioni a livello sistemico e personale, tra cui l’insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, la riluttanza nell’adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati, una documentazione carente nel delineare i passaggi nella gestione dei casi di abuso. La perizia parla di 41 sacerdoti accusati e «in 29 i fatti sono stati confermati con un alto grado di certezza» ha detto il vescovo; 75 persone coinvolte: per 59 di esse sono disponibili indizi molto plausibili; 24 casi, in cui è stata riscontrata una condotta erronea o inappropriata da parte dei responsabili ecclesiastici. E «il fenomeno sommerso è di gran lunga più ampio» ha detto.
Il vescovo ha parlato di “rigore” negli interventi presenti e futuri per rendere la Chiesa un luogo sicuro. «La perizia mostra che l’abuso è stato facilitato da strutture di potere rigide, autorità incontrollata e da una carente “cultura dell’errore”. La diocesi dispone già di un concetto quadro per la prevenzione, di orientamenti per il funzionamento del Centro di ascolto per casi di abuso e di linee guida per procedere in caso di abusi attuali o passati nel contesto ecclesiale. Tuttavia, sussistono delle incertezze riguardo al carattere vincolante di questi documenti. Darò incarico a un gruppo di esperti di derivare linee guida che saranno poi introdotte in modo vincolante e attuate in modo trasparente».
Avverrà entro l’anno, come pure la revisione dei compiti del Centro di ascolto, del servizio di intervento e del servizio di prevenzione, come ha spiegato il vicario generale Eugen Runggaldier: «Va ripensato il Centro di intervento, che ha il compito di esaminare le denunce di abuso dopo la loro presentazione, di adottare misure di protezione delle persone coinvolte e intervenire nei confronti degli accusati. Attualmente questi compiti sono di competenza del vicario generale. In futuro, dovrebbe esserci un riferimento separato che agisca nel modo più indipendente possibile e che prepari una proposta di decisione per il vicario generale e quindi per il vescovo». Inoltre è necessario «sviluppare misure che definiscano le conseguenze delle accuse di abuso. Questo catalogo di possibili interventi e sanzioni nei confronti degli accusati dovrebbe essere vincolante».
Gottfried Ugolini, responsabile del Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, ha auspicato che «le donne e gli uomini vittime di abuso siano consapevolmente inclusi in tutti gli organismi diocesani e pastorali e nelle istituzioni formative e siano coinvolti su un piano di parità»; quindi ha ricordato che una équipe di sostegno è già a disposizione di parrocchie, associazioni o gruppi: «l’obiettivo è che tutti possano esprimersi».
Sullo sfondo, resta il nodo del cambiamento culturale. «Ogni caso di abuso - ha detto Muser - è un caso di esercizio perverso del potere. Faccio appello ad una modalità di collaborazione in cui venga rispettata la dignità di ogni persona». La riforma della chiesa altoatesina porterà immediatamente dei cambiamenti, come un maggior ruolo dirigenziale per le donne, e altri graduali, come una nuova cultura dell’errore: «solo riconoscendo gli errori, imparando da essi e creando trasparenza possiamo apportare cambiamenti. C’è bisogno di tutti noi per creare quel cambiamento culturale che aiuta a lenire le sofferenze e le ingiustizie passate e a prevenire quelle future. C’è bisogno di tutti noi» ha concluso Muser.