La domanda, trascorsa l’estate, si fa progressivamente più viva: che cosa ha portato e che cosa rimane – o meglio prosegue – della Cinquantesima Settimana Sociale dei Cattolici in Italia? È indubbio che l’incontro nazionale di luglio a Trieste sia stato un momento particolarmente significativo, come del resto hanno sottolineato, anzitutto con la loro presenza, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Francesco: la cifra “tonda” meritava di per sé una celebrazione sui generis, ma ora si tratta di capire che cosa rimarrà nella memoria storica dell’evento e che cosa si tradurrà nei termini di una novità che supera l’evento.
Qualche considerazione – qui a titolo del tutto personale – si può avanzare.
di Cettina Militello, dal mensile dell'"Osservatore Romano" Donna-Chiesa-Mondo, aprile 2024
La preghiera delle donne ha caratteri diversi e propri? Davvero non lo credo. Alla sua radice, oltre la “domanda”, questo l’etimo, sta il bisogno, l’esperienza di Dio. L’attitudine di chi prega, uomo o donna che sia, è quella di chi sta alla presenza di Colui che da senso profondo al suo esserci al mondo. Lo trova e riconosce nelle creature e nel creato sino addirittura a considerarli, ognuno nel suo genere, come risposta al suo bisogno. Da qui l’idolatria… E poiché nel fluire della storia - e delle culture che l’hanno abitata - a fare la differenza non sono state le donne ma gli uomini, questi ultimi, soprattutto, hanno modulato e regolamentato questo bisogno innato.
Pubblichiamo la lettera che l'imam di Venezia, Hamad Mahamed, ha scritto a papa Francesco in occasione della sua visita.
Mi riempie di gioia il poter essere qui tra i fedeli a darle il benvenuto nella nostra bella città di Venezia e le porgo il saluto della comunità islamica di Venezia e provincia che per lei prova non solo rispetto, ma grande apprezzamento.
La mia grande gioia, come imam e guida spirituale islamica, ha almeno tre motivi:
Prima di tutto perché lei è stato il primo capo della Chiesa cattolica a firmare quello straordinario patto di amore, di pace e di fratellanza con il grande Imam di Al azhar Ahmed Al Taieb, che ha rafforzato un solido rapporto tra leader dei cristiani e dei musulmani basato sulla sincerità, il rispetto e la fratellanza.
Se obiettivo del Sinodo è sviluppare le forme di sinodalità a tutti i livelli, il nodo è la struttura gerarchica e clericale. Quali soluzioni si prospettano?
Sì, il nodo da sciogliere per uno sviluppo della sinodalità è questo: comporre la corresponsabilità dei fedeli con l’autorità del pastore. La questione non è superficiale, perché è in gioco il sacramento dell’Ordine, dal quale il vescovo e il parroco ricevono i carismi del loro ministero, fra i quali anche quello della guida della comunità, dotata in alcuni ambiti di una responsabilità esclusiva e quindi di autorità.
di Carlo Bolpin
Le riviste della stessa area di Esodo sono in crisi. Piuttosto che chiedersi le cause, simili alla crisi delle riviste in generale, se e come continuare, credo sia più importante capire se il patrimonio di idee, di metodo critico, di tensioni culturali, sia “utilizzabile” oggi, in una situazione per molti profondi motivi di radicale svolta strutturale.
Il contesto è cambiato
Le riviste esprimevano una diffusa realtà di movimenti e di aggregazioni locali di base, che univano lavoro di ricerca ed elaborazione culturale, teologica, etica, con pratiche di impegno concreto e di proposte nel campo sociale, per i diritti civili, la pace, l’indipendenza dei popoli. In questa nuova fase, è venuta a mancare questa base che alimentava le riviste. Mentre, paradossalmente, molti degli obiettivi sono stati raggiunti, di altri c’è maggiore consapevolezza, sono assunti e rilanciati dallo stesso papa Francesco.
di Vincenzo Rosito
Bisogna indagare le metamorfosi della vita urbana per cogliere le più radicali trasformazioni del tempo presente. L’urbano non descrive esclusivamente una dimensione geografica o un ritaglio amministrativo della vita comune, ma diventa un laboratorio privilegiato per la comprensione dei cambiamenti in atto. Le crisi, le tragedie, le cesure o le accelerazioni della storia trovano nella città un preziosissimo campo di analisi. Leggere e interpretare il cambiamento muovendo dalla prospettiva dell’urbanizzazione è un esercizio di ermeneutica politica e sociale.
di Paolo Ricca
Mi è stato chiesto di parlare della risurrezione di Gesù. Lo farò in tre tappe, intitolate rispettivamente. Che cos’è la risurrezione di Gesù? Che cosa non è. Che cosa ha prodotto, cioè qual è stato il suo frutto maggiore.
1. Che cos’è la risurrezione di Gesù? È esattamente ciò che dice la parola: quel Gesù, morto e sepolto, «il terzo giorno risuscitò», cioè tornò in vita, non rimase chiuso nel sepolcro dov’era stato posto, ma «si presentò vivente con molte prove, facendosi vedere da loro (cioè dagli apostoli, ma non solo da loro, anzi in primo luogo non da loro, sembra intenzionalmente) per quaranta giorni» (Atti 1,3). Lo dice lui stesso: «Ero morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli – cioè per sempre – e tengo le chiavi della morte e del soggiorno dei morti» (Apocalisse 1,18), cioè non è più la morte ad avere potere su di me, sono io che ho potere sulla morte.
di Alberto Maggi
Padre Maggi, la sua visione della morte e dell’aldilà è profondamente influenzata dall’esperienza diretta da lei vissuta.
La mattina del 9 aprile 2012, un’ambulanza mi portava a sirene spiegate verso l’ospedale, dove sarei rimasto per quasi tre mesi, combattendo tra la vita e la morte, sottoposto a diversi pesanti interventi chirurgici. È stata un’esperienza meravigliosa che ha arricchito la mia vita, con la presenza del Signore accanto a me palpabile, che mi ha fatto sperimentare la verità dell’espressione di San Paolo: “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10), e che mi ha aiutato a trasformare una situazione indubbiamente negativa in positiva.
di Piero Stefani
Cosa avvenga all'essere umano quando i suoi occhi si chiudono all’esistenza terrena è domanda che non trova risposta nell’esperienza di alcun vivente. Eppure la questione si pone. Per qualcuno l'interrogativo trova nell’animo risposta certa sul versante di una vita che non avrà fine, o su quello opposto di un integrale venir meno; per altri l’aldilà resta il «grande forse» (come lo definì Rabelais). Anzi, nella mobilità che la contraddistingue, la coscienza delle persone può, in tempi successivi, passare dall’una all’altra convinzione o oscillare più volte tra dubbio e certezza.
Pagina 2 di 11