di Piero Stefani
Esiste un unico scritto neotestamentario che si confronta in maniera ampia e argomentata con il sacerdozio dell’Antico Testamento: la lettera agli Ebrei. Il suo intento, infatti, è di presentare l’opera di Gesù Cristo in forma sacerdotale. Il confronto conduce però a evidenziare differenze radicali. Il sacerdozio ebraico è ereditario: occorre discendere dalla componente cosiddetta sadocita della tribù di Levi. Gesù però apparteneva alla tribù davidica di Giuda, quindi era un laico; come applicargli lo statuto sacerdotale?
di Piero Stefani
Si può identificare un momento in cui è avvenuta la rottura tra le prime comunità cristiane e l’ebraismo e quali le cause?
La domanda sembra muoversi all’interno dell’orizzonte in genere definito con l’espressione inglese «the parting of the ways» (il cui principale testo di riferimento è costituito dall’omonimo libro di J. D. G. Dunn, 1991). Questa prospettiva presuppone l’esistenza di una divisione avvenuta a partire da un comune, per quanto variegato, contesto giudaico.
Il testo seguente è la trascrizione dal video-messaggio che il biblista e teologo brasiliano Marcelo Barros ha inviato ai partecipanti all'incontro del 25 settembre 2022 ad Altino.
Voi fratelli e sorelle carissime perdonatemi di non poter restare con voi in questo incontro così importante. Mi dispiace molto questa sorpresa che mi impedisce di essere lì con voi.
Pubblichiamo il contributo di fr. Lorenzo Raniero ofm, preside dell'ISE di Venezia, all'incontro con il teologo brasiliano Marcelo Barros "La grammatica del dialogo" che si è svolto ad Altino (Venezia) il 24 settembre 2022.
È indubbiamente riconosciuto da tutti che nella Chiesa cattolica la vera stagione del dialogo è iniziata con il Concilio Vaticano II, evento straordinario di grazia con cui la Chiesa tende la mano al mondo contemporaneo e desidera entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà. La conferma di questo proposito e l’invito alla sua prosecuzione è ribadito anche nell’Enciclica programmatica di Paolo VI Ecclesiam suam (1964) all’inizio del suo pontificato nella quale invita tutta la Chiesa a stabilire relazioni con il mondo che la circonda e in cui essa vive e lavora (cf. ES, 13).
di Piero Stefani
Anche all’epoca di Gesù e delle prime comunità, l’ebraismo era plurale. La polemica di Gesù e di Paolo era rivolta ad alcuni filoni e quali? E invece la loro appartenenza e i loro legami con quali altri gruppi erano? E viceversa quali gruppi di ebrei li riconoscevano come appartenenti all’ebraismo? E quali invece erano ostili?
Comincio dalle ultime due domande per cercare di approdare a una prospettiva utile per chiarire anche altre questioni. Il problema in esse non sembra ben posto; vi si introduce, infatti, un’alternativa mentre è solo la sua mancanza a rendere comprensibile il panorama: si era ostili alle comunità dei credenti in Gesù Cristo proprio perché le si riteneva parte del popolo ebraico.
di Carlo Bolpin
Una prima valutazione
Si può dare una prima generale valutazione di questa fase iniziale del Sinodo in Italia? È troppo sbrigativo costatarne il mancato decollo? Anche se molto provvisorio questo giudizio serve per capire come proseguire.
La prima osservazione è la mancanza di entusiasmo, che ricordo molto forte anche tra noi giovani (allora) nel periodo del Concilio e di Giovanni XXIII. Prevale ora piuttosto la sfiducia anche in chi partecipa ai gruppi sinodali e il disinteresse generale. Utile è confrontarci sui motivi.
Ripensiamo a questi 50 anni guardando dentro la nostra piccola storia che è giunta fin qui nonostante le difficoltà incontrate. Consapevoli della nostra precarietà e dei nostri limiti, pensiamo che essere stati una "comunità di amici in ricerca", e tutt’ora lo siamo, sia stata e sia, la condizione più importante per un’autentica ricerca di un cammino di fraternità.
Il sentirsi piccoli, ma forti nell’amicizia condivisa, è stato lo stimolo per cercare di capire quali fossero le nostre responsabilità non solo di uomini e donne che vogliono camminare insieme, ma anche di credenti che si sforzano di restare fedeli al Vangelo.
di Angelo Favero
Ho cercato di leggere con attenzione le relazioni che ci sono state trasmesse dall’apposito comitato coordinatore. Questo gruppo ha raccolto le varie riflessioni e indicazioni dalle diverse parti della nostra diocesi [Venezia, ndr] intorno all’impegno di riflettere sulla situazione attuale della Chiesa. E’ la grande novità di questo Sinodo, che ha già preso avvio con l’ascolto della base cristiana e con la raccolta delle varie indicazione; senza dubbio l’obiettivo iniziale era ed è quello di esprimere il sentire del popolo di Dio che vive nelle varie località di questo mondo, oggi tormentato dalla guerra e da altri diversi conflitti in Asia e in Africa.
di Piero Stefani
Va superata la contrapposizione tra ebraismo = Legge e cristianesimo = amore, è perciò necessario cambiare il linguaggio di tanta catechesi, predicazione; ma non è proprio Paolo che insiste su questa contrapposizione? O forse la sua opposizione non si riferisce alla tradizione ebraica ma all’ebraismo dominante al suo tempo?
Paolo non contrappone Legge e amore. Per averne una conferma è sufficiente trascrivere, nella sua interezza, un brano della lettera ai Romani:
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