di Carlo Bolpin
Le riviste della stessa area di Esodo sono in crisi. Piuttosto che chiedersi le cause, simili alla crisi delle riviste in generale, se e come continuare, credo sia più importante capire se il patrimonio di idee, di metodo critico, di tensioni culturali, sia “utilizzabile” oggi, in una situazione per molti profondi motivi di radicale svolta strutturale.
Il contesto è cambiato
Le riviste esprimevano una diffusa realtà di movimenti e di aggregazioni locali di base, che univano lavoro di ricerca ed elaborazione culturale, teologica, etica, con pratiche di impegno concreto e di proposte nel campo sociale, per i diritti civili, la pace, l’indipendenza dei popoli. In questa nuova fase, è venuta a mancare questa base che alimentava le riviste. Mentre, paradossalmente, molti degli obiettivi sono stati raggiunti, di altri c’è maggiore consapevolezza, sono assunti e rilanciati dallo stesso papa Francesco.
Certamente e positivamente tanti cristiani operano ora assieme ai “non credenti” nelle ONG, nei progetti di solidarietà, nei movimenti per la pace e i diritti civili, ma in un modo che, nel complesso, appare separato, estraneo, alla vita della chiesa cattolica, alle parrocchie, all’azione pastorale e al rinnovamento della liturgia e della catechesi. Il rischio, quindi, è che sempre più, nel cattolicesimo, esistano realtà frammentate in mondi che non comunicano, non si ascoltano e non capiscono tra loro. Da tempo si parla di “scisma silenzioso”.
La disgregazione dell'ethos comune
Mi limito ad alcune considerazioni e proposte per invitare a un confronto più approfondito.
In Italia, in particolare, non siamo in una tranquilla dialettica etica culturale, prima ancora che politica. Mentre viviamo profonde trasformazioni, non da ora la nostra società appare caratterizzata da quel sonnambulismo denunciato dal Censis e coperto da una contrapposizione aggressiva, ma di breve respiro.
Grande il pericolo presente di processi di massa, da non sottovalutare, perché portano a una disgregazione dell’ethos comune fondato sulla Costituzione e anche sulla tradizione ebraico cristiana. Stanno diventando scontati, normali, senza scandalo e reazioni adeguate, concetti come “razza” italica e “sostituzione etnica”.
La guerra con i suoi crimini è tornata a essere legittimata. Si diffonde l’idea di un’Europa delle Nazioni, fortezza chiusa che difenda i confini, opposta a quella dei padri fondatori. È di questo retroterra” culturale” che vorrei capire; se e come “prende” anche i cattolici, “i fedeli e i pastori”.
Quando crescono disuguaglianze e ingiustizie, paure e incertezze sul futuro e sul disordine mondiale, il consenso si conquista con la demagogia e la promessa di garantire sicurezza sorvegliando e punendo, senza affrontare, anzi rimuovendo, le cause e senza considerare gli effetti delle azioni.
Si colpevolizzano i poveri e si diffonde un’idea di competitività e di merito contraria alla Costituzione. Si criminalizza chi salva in mare, a proprio rischio, e chi accoglie, assiste e cura i disperati che riescono ad arrivare; si criminalizzano le madri che fuggono dalla morte, dalle violenze, dagli stupri, perché “rischiano la vita dei loro figli” sperando nell’Europa cristiana: non devono partire.
Non si vogliono vedere i milioni di profughi e quelli che muoiono nella propria terra o cercano di fuggire nei paesi confinanti. Per non vedere paghiamo i criminali trafficanti in Libia e in Turchia perché li tengano nei lager o li sfruttino nei vari criminali traffici. Ora sono anche gli organismi ONU a condannare gli accordi che finanziano bande e dittatori per fermare uomini, donne e bambini, uccidendoli, torturandoli, sfruttandoli. Inoltre, non si organizzano politiche di accoglienza e inserimento delle persone migranti abbandonate a sé stesse nelle strade. Anzi si negano i diritti dei richiedenti asilo. A che livello di disumanizzazione siamo arrivati?
Così, con la stessa “logica” i delitti contro le donne si giustificano come gesti di singoli uomini resi fragili perché non c’è più la famiglia, si sono persi i valori tradizionali e le autorità forti che li affermavano.
Credo che non ci sia consapevolezza di come questi pericolosi processi agiscano nella mentalità collettiva e vengano introiettati anche inconsapevolmente, provocando un consenso di massa attraverso parole d’ordine ripetute in modo “seduttivo”.
L'insinuarsi di una mentalità contraria al Vangelo
Vorrei capire se anche tra i cattolici praticanti, impegnati alla coerenza con il Vangelo, esiste una sottovalutazione di questi nodi etici di fondo.
Temo che non ci sia piena consapevolezza che stanno passando anche tra i “fedeli” idee “pagane”, una mentalità e un linguaggio in contrasto con il Vangelo. Non so se nelle parrocchie, nelle prediche, tra i praticanti, c’è una reazione alle tante espressioni razziste, omofobe, contro le donne, che trovano legittimazione e diffusione da parte della destra ora al governo votata anche da tanti cattolici.
Possiamo avere idee diverse sull’accoglienza e sull’integrazione, sulle politiche dell’immigrazione, ma in gioco è la nostra appartenenza all’humanum genus. O siamo barbari? La fonte della nostra civiltà europea sta nella paidèia all’humanitas, senza confini e discriminazioni, anzi educata a far propria l’alterità, a essere luogo di incontro, dibattito e scambio tra le diversità, tra identità plurali anche conflittuali.
Non sta in questo l’identità europea?
Per una nuova ricerca
La mia domanda angosciata è perché questo atteggiamento caratterizza anche diffusamente i cristiani. Non c’è quella “differenza” chiesta da Gesù Perché non sono ascoltati il grido di Francesco, la sua denuncia e le sue proposte?
Alla domanda come annunciare il Vangelo nella nostra società secolarizzata antepongo l’interrogativo di Gesù se ci sarà ancora fede al suo ritorno, che riguarda prima di tutto me stesso oggi, le comunità cristiane qui e ora. In questo nostro tempo le denunce di Gesù al popolo d’Israele valgono per quello cristiano. In che modo siamo scristianizzati da ri-convertire al Vangelo? Le Beatitudini hanno ancora significato per la Chiesa, per l’assemblea sinodale dei cristiani? Oppure sono ridotte a una consolatoria promessa nell’aldilà, vuota di contenuti per noi oggi, preoccupati di speranze mondane per sé? La Chiesa è al servizio del Regno annunciato da Cristo oppure di una rinnovata società cristiana nazionale, etnica?
In questa direzione, credo che dobbiamo affrontare le più urgenti questioni etiche, culturali e sociali, considerate in modo unitario, analizzando tutte le connessioni tra loro, per un nuovo umanesimo. Per essere credibili è necessario mostrare coerenza nella prassi con proposte concrete capaci di una “mobilitazione”. Per ogni tema occorre assumere la responsabilità di analisi e di impegno, attraverso un lavoro comune delle riviste e delle associazioni dell’area. Credo che così possiamo recuperare il nostro patrimonio attualizzandolo: invito non solo alle riviste ma a tutte e tutti coloro che si pongono, in modi diversi, il problema di una nuova partecipazione e mobilitazione dei cristiani come ”seme “nella società per testimoniare il Vangelo oggi.