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a cura di Carlo Beraldo, Vittorio Borraccetti, Carlo Rubini
1. Questo numero di Esodo, dedicato al rapporto religione-politica, nasce dall’indignazione provata da molti per l’uso della fede cristiana, dei suoi simboli, dello stesso nome di Dio, da parte di alcuni partiti nelle competizioni elettorali, e non solo, a sostegno di un proprio progetto politico, i cui contenuti sembrano contrastare con i valori fondanti del messaggio cristiano per sua natura universalistico. Questa strumentalizzazione viene compiuta da una molteplicità di soggetti politici nel mondo attuale, più che altro di orientamento conservatore e autoritario, e non solo con riferimento al cristianesimo; si usa il fondamento religioso come uno degli elementi identitari di una comunità sociale (accanto ad altri, come una certa idea di nazione e famiglia), con tendenziale esclusione o discriminazione di chi non si riconosce in essi. In Europa manifestazioni di esplicito uso della religione a fini politici sono presenti, oltre che in Italia, in paesi come l’Ungheria e la Polonia, tra i più noti. Tale prassi si evidenzia in altre aree del mondo, coinvolgendo ulteriori religioni, oltre al cristianesimo nelle sue diverse manifestazioni, come l’islam, l’ebraismo, l’induismo, ecc. L’uso politico della religione ali- menta spesso nazionalismo e sovranismo, contrastando sul piano internazionale il multilateralismo e i faticosi tentativi di costruire organismi sovranazionali capaci di prevenire e governare i conflitti e, sul piano interno, il pieno riconoscimento dei diritti soggettivi a chi non si riconosce nei prevalenti modelli morali di comportamento derivanti dalla religione.
di Amina Crisma
Dodici anni fa, il 4 novembre 2012, ci lasciava Pier Cesare Bori, maestro ed amico nei cui confronti ho un immenso debito di gratitudine. E non si tratta solamente di un enorme debito intellettuale: a lui devo, fra l’altro, il mio primo incontro con Vittorio Capecchi, divenuto poi mio marito (e Pier è stato nostro testimone di nozze).
Vittorio e Pier Cesare erano legati da una grande e antica amicizia, e da profonde affinità: erano simili per rigore e apertura, per sterminata vastità di letture, per limpida intelligenza e umanità mite e generosa, per lucida razionalità e spiritualità intensa. Erano entrambi esploratori di crinali fra le sapienze d’Oriente e d’Occidente, e mi piace immaginare che stiano continuando da qualche parte, non troppo distante da noi, la loro amichevole conversazione. Sulla rivista fondata e diretta da Vittorio c’è un’intera sezione dedicata ai contributi di Pier, e a scritti su di lui (“Pier Cesare Bori e la rivista Inchiesta” in www.inchiestaonline.it ).
di Maurizio Ambrosini
Il governo Meloni ha in realtà tre politiche migratorie. La prima è la continuazione della
A questo punto entra in scena la terza politica, quella della chiusura verso gli ingressi per
di Giuseppe Tattara
“È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo”.
Mary Wollstonecraft,
Rivendicazione dei diritti della donna, 1792
Il sovrappiù prodotto dai paesi dell’Africa sub sahariana spiega buona parte dello sviluppo industriale dell’Europa, dell’America e dei grandi paesi asiatici negli ultimi anni perché i paesi africani sono stati e sono tuttora produttori di risorse - manganese, cromite, cobalto, fosfati, idrocarburi, uranio radioattivo e molti prodotti dell'agricoltura - necessarie per la crescita economica dei paesi sviluppati. Tuttavia l’ammontare e anche la direzione di tale sovrappiù sono nascosti dai metodi comunemente adottati di calcolo del valore del commercio estero dei paesi africani. Bisogna ristudiare il processo di produzione del sovrappiù e demistificare l’atteggiamento di coloro che sottolineano la generosità degli aiuti forniti all’Africa sub sahariana dai governi occidentali e dalle istituzioni internazionali, l’importanza del debito e l’incapacità di questi paesi di intraprendere una strada di sviluppo.
di Nicoletta Dentico, in sbilanciamoci.info 17 ottobre 2024
I Big Tech o Gafam (Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft) hanno introiti più ingenti del Pil di Stati come Svezia o Israele. Ma pagano poche tasse e nel 40% dei casi in paradisi fiscali. Ora però la partita passa dai malleabili G20 e Ocse alle Nazioni Unite.
Il tema della tassazione digitale ha conquistato la agenda politica internazionale da quando l’OCSE, nel maggio 2019, ha annunciato la approvazione di una roadmap per risolvere le sfide fiscali della transizione alla economia digitale. Già nel 2018 l’Unione Europea aveva messo a punto un set di regole per equilibrare una asimmetria fiscale dagli impatti economici assai negativi fra le aziende digitali, che pagavano una media del 9,5% di tasse, ed il business tradizionale, soggetto ad una tassazione del 23,2%. La questione è tornata in auge di recente con il negoziato sul cosiddetto Patto del Futuro concluso a settembre alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Patto, carico di ambiziose aspirazioni, include anche la definizione di un Global Digital Compact 1che non elude il tema della tassazione.
Gustavo? Gustavo era lui, Gustavo Gutierrez. È uso dei latinoamericani di conoscersi per nome, anche a livello internazionale, e di chiamarsi per nome. Ma Gustavo Gutierrez è, e resta, quel Gustavo, lui e non altri, che nel suo far teologia ha avuto un’intuizione di fede, che ha determinato tutta una stagione di fervidi dibattiti nella Chiesa e vi ha impresso una spinta in avanti di grande importanza.
di Stefano Allievi
Insieme a tutti i colleghi e le colleghe che ne fanno parte, ho rassegnato al ministro Piantedosi le dimissioni dal Consiglio per l'islam italiano. Un atto ininfluente, certo, ma che era necessario e giusto compiere. Per chiarezza.
Per molti anni insieme ai colleghi e alle colleghe del Consiglio, e in collaborazione con le organizzazioni islamiche italiane, abbiamo lavorato – con grande dispendio di tempo, gratuitamente, e spesso a spese nostre – per cercare di svolgere con la professionalità e anche la passione civile necessaria il nostro ruolo di consulenti, elaborando pareri e promuovendo iniziative, sulla base della nostra conoscenza della situazione e delle esperienze di altri paesi europei.
di Maurizio Ambrosini in "Avvenire" del 19 ottobre 2024
L’iniziativa governativa di avviare il dirottamento in Albania di una manciata di persone in cerca di asilo, mobilitando una nave militare con un equipaggio di una settantina di marinai, è naufragata al primo viaggio. Tanto clamore e i corrispondenti costi sono sfociati in un flop. Almeno per ora, perché di certo il governo Meloni non si darà per vinto, considerando l’investimento d’immagine e di risorse dedicato all’operazione.
1. Una vita per la pace
Definire don Primo Mazzolari come pacifista non rende ragione di un percorso biografico
Città laica, terra di frontiera e di sofferti confini, principale porta della Rotta balcanica, cerniera con Nord ed Est Europa, al medesimo tempo porto di mare, crocevia di popoli e culture, e storico laboratorio di convivenza di differenze religiose e culturali: sono i motivi che hanno portato a scegliere la città di Trieste per la 50a edizione delle Giornate sociali dei cattolici in Italia, che si è tenuta a inizio dello scorso mese di maggio alla presenza del pontefice e del presidente della Repubblica.
Il centro storico con le sue piazze, strade pedonali e centri congressi è diventato un salotto, luogo d’incontro, di dialogo e confronto sulla democrazia, oggi particolarmente sofferente a causa della crisi di partecipazione e di una società sempre più polarizzata.
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