di Giancarla Codrignani  

 

La presidente Meloni assieme a Orban (il presidente della "democrazia illiberale") ha detto che loro "difendono Dio". Le domande che vengono immediatamente sono: quale Dio? da chi va difeso? e come uno Stato può difendere Dio

Che il mondo non è immobile, lo dimostrano le storie dei singoli paesi e delle istituzioni. Parlare di un Dio “difeso” da un governo è un controsenso rispetto a Dio che non vuole essere nominato invano e rispetto ai principi dello Stato moderno. La Pira pensava che la Costituzione dovesse avere un preambolo in cui si scrivesse che “nel nome di Dio” veniva approvata la Carta fondamentale e fu proposta giustamente bocciata. Che Dio non vada “usato” dai poteri è il minimo sindacale proprio perché, per quanto in buona fede secondo le credenze di tempo e luogo, gli uomini, figurarsi i politici (la cosa vale anche per le donne) sono fallibili.

Che, poi, alcuni politici strumentalizzino anche Dio non fa la meraviglia; ciò che meraviglia, invece, è che non solo Orban calvinista o Meloni non praticante ignorino che Dio non vuole che si respingano gli stranieri e la gente gli crede significa che - non è una novità - si può accendere una candela a padre Pio, ignorare la voce del Signore e credere di essere cristiani.

Il direttore del Secolo d'Italia, Italo Bocchino, da sempre affine alla Presidente, ha dato questa interpretazione: non si tratta del Dio della fede cristiana, ma riguarda la difesa delle radici cristiano-cattoliche dell'Italia, quindi difesa della trilogia "Dio, Patria, Famiglia". Anche un ateo si riconosce in questo Dio. Un credente in Gesù Cristo può riconoscersi in questo Dio, un'identità etnica?

C’è sempre chi si arrampica sugli specchi per sostenere le proprie ragioni. Bocchino dirige Il Secolo d’Italia, che dal 1950 è per tutti “il giornale del fascio”, quindi tira l’acqua al mulino della Meloni, insperatamente capo del governo. Se dovessimo prendere in parola i suoi ragionamenti sull'identità etnica dell’Italia - le cui origini sono così composite da definirsi chiaramente bastarde - si vedrebbe il razzismo. Dio non lo possiamo tirare per la giacca come ci pare perché “è uno solo” e ciascun credente lo prega a suo modo senza impadronirsi del “mio” Dio. Che Mazzini poi sintetizzasse il suo credo politico nel ben noto “dio, patria, famiglia” non significa che la lettura di oggi sia quella romantica e risorgimentale del suo tempo. Oggi Dio è principio sacro per i credenti e universale è il rispetto dei diritti umani; la patria connota la nostra cittadinanza europea e la famiglia è ormai declinabile al plurale, a partire da quella “libera” della Meloni.

 

Come dicono coloro che approvano l'affermazione della Meloni e di Orban, questa trilogia è propria della destra conservatrice. Appare significativo che porsis come "difensori" di Dio sia propria di ideologie molto diverse: Putin e la destra cattolica americana anti-Bergoglio, ma lo era del fascismo: cosa caratterizza questa "radice cattolica"? si può essere "cattolici" e non cristiani? 

Correggerei: ci si può “credere” buoni cristiani e, alla luce del vangelo, non esserlo. Nessuno di noi ospita in casa propria un immigrato, anche se potrebbe permetterselo; ma non pagare le tasse è chiaramente un peccato. La cattolicità è il modo in cui si è realizzato il cristianesimo in alcuni paesi e nel mondo per aspirazione universale ed è sempre la storia che, da un lato conosce le distinzioni delle diverse religioni, dall’altro per noi cristiani registra le confessionalità, frutto di una storia di divisioni che l’ecumenismo tenta di ricomporre. Ma le chiese sono divise anche al loro interno e certamente noi cattolici siamo uniti dall’autorità del papa di Roma, non nell’unità reale del popolo di Dio. L’Italia fatica forse di più per la presenza recente dell’egemonia del partito di ispirazione cristiana: la Democrazia Cristiana, in quanto partito, ha generato grossi danni alla stessa fede per la connivenza con il potere degli interessi contingenti che possono indurre la corruzione. La stessa Chiesa, essendo stata in passato detentrice del potere territoriale e delle leggi civili dell’Italia ha conservato le tracce di una contaminazione che papa Francesco cerca di rimuovere. Ma gli interessi esistono ed è difficile ridurne la portata: la Chiesa non è “del mondo”, ma ci sta dentro, quindi non solo si divide sulla prospettiva di dare il sacerdozio alle donne, ma anche sulle censure preventive secondo la vecchia dogmatica anticomunista, antislamica, antisemita, di classe, sessista... Il Sinodo dovrebbe chiarire anche queste contrapposizioni, ma sembra difficile far capire che la chiesa insegna quello che argomenta come bene, non lo comanda: se c’è Putin e la comunità civile difende la libertà, non è contraddizione che Bergoglio maledica la guerra: la guerra è “il peccato” contro l’umanità, mentre la diplomazia e il dialogo sono i metodi civili per prevenire la violenza: un cristiano potrà anche “fare” la guerra se condizionato, non potrà mai accettarla come valore.

 

Tranne alcuni teologi che hanno criticato fortemente questa visione definita come idolatria anticristiana, non c'è stata una reazione pubblica della Chiesa cattolica. Anzi sembra che questo Dio sia convincente per i fedeli praticanti che votano Meloni.

Giustamente Francesco ha ribadito che il papa ci deve essere proprio per “rappresentare” l’unità. Se poi guardiamo la realtà, un po’ di sano realismo induce a credere che tra i cittadini che hanno dato e mantengono la fiducia alla Meloni ci sono anche i cattolici ai quali, evidentemente, sta bene, almeno per ora “questa” agenda di governo. Vorrei osservare che le votazioni del settembre 2022 hanno registrato un grande abbandono dell’elettorato: il Parlamento è stato eletto da due terzi del paese. L’altro terzo dovrebbe essere riguadagnato alla fiducia e spetterebbe all’opposizione riguadagnarlo al voto. Il Sinodo italiano non ha visto la dinamica che ha connotato il Sinodo tedesco, anche se neppure in Germania gli atti di coraggio sono sempre risultati al momento delle votazioni. Se la Chiesa dovesse fare i conti al suo interno ho i miei dubbi che Francesco avrebbe la maggioranza. Quindi, oltre a non mescolare nemmeno la Chiesa con le politiche dei governi, come faceva Camillo Ruini quando diceva ai cattolici di non andare a votare il referendum sulla fecondazione assistita (che non vuole dire che non dovesse commentarla), c’è bisogno di promuovere, anche noi cattolici di base, il dibattito politico sui problemi centrali di un tempo difficile che sta affrontando il passaggio d’epoca verso l’inedito. Del mondo e della Chiesa.