Religioni in guerra   
Enzo Pace 
Ed. Castelvecchi 2024

Attraverso l’analisi di diverse situazioni l’autore mostra che “l’elemento religioso” costituisce oggi un fattore cruciale: per comprendere i conflitti internazionali. Non si tratta né di "guerre di religione", né di "scontri di civiltà": la fede entra in gioco "perché le politiche di identità nazionali hanno bisogno di una legittimazione simbolica che altrimenti non potrebbero vantare". I conflitti e le guerre non nascono per motivi religiosi, che vengono invece costruiti e utilizzati per armare le menti e scaldare i cuori. Questo avviene quando la religione “cede alla logica della politica”, perde la sua vocazione universalistica  e diventa di parte.

Perché questi processi si sviluppano dagli anni ’80 del secolo scorso, dopo che era stata dichiarata vincente la secolarizzazione e la fine del ruolo e del significato delle religioni? Se si comprendono le relazioni internazionali solo analizzando il fattore “religione”, questo - come ben spiega Pace - non è un ritorno al passato, né è un residuo di un’epoca superata. In modi nuovi si ricrea il nesso “credere e combattere”.

Le civiltà, di cui le religioni sono una componente costitutiva, mai come ora sono plurali e sono profondamente modificate, non possono essere comprese con tradizionali schemi. Il problema che l’autore pone al centro, e di cui chiarisce i termini, è il risorgere dei nazionalismi e delle modalità con cui il potere politico usa la religione come “lingua sacra” dell’identità nazionale di un popolo che si sente minacciato nella sopravvivenza.
La tradizione religiosa serve per recuperare la narrazione di un mitico passato di potenza e di gloriosa autonomia, di indipendenza e unità (un popolo-una terra-una fede).
La religione dei padri garantisce la sacralità di questa unità, della propria particolarità storica e della differenza - la propria purezza - da salvaguardare verso gli altri popoli; contribuisce al riscatto della memoria collettiva tradita e offesa.

L’autore sottolinea come una delle cause di questi processi sia “la crisi verticale delle grandi narrazioni ideologiche dell’Otto-Novecento”. Anche nell’Europa secolarizzata le élite politiche rilanciano come soluzione gli etno-nazionalismi, identificando la minaccia nella presenza degli stranieri e delle minoranze religiose, linguistiche, etniche.
Nel libro sono esaminati, in modo chiaro e dettagliato, molti casi storici (dal laboratorio balcano, al nazionalismo buddista, alle diverse realtà nei paesi dell’Islam) di come gruppi e movimenti religiosi contribuiscano a caricare i conflitti di “violenza simbolica” fino a dare fondamento assoluto, sacro, alla guerra, alla negazione del nemico.
Tutti i capitoli in cui sono trattati questi “casi” vanno letti sia per avere in modo chiaro le informazioni necessarie a districarsi nella molteplicità dei gruppi e dei movimenti, sia per comprendere situazioni estremamente complesse attraverso paradigmi interpretativi unitari.

Sottolineo due dei capitoli, tutti di grande attualità e interesse al fine dell’analisi degli attuali conflitti internazionali nelle diverse aree, tra loro interrelate pur nella specificità di ogni realtà.
Il primo riguarda “una terra santa per due popoli”, in cui il conflitto vien aggravato dall’emergere e dal consolidarsi del fattore religioso, con caratteri messianici, in modo parallelo e speculare in Israele e tra i palestinesi. Il secondo, “Consumare religione”, esamina la contraddizione tra la mercificazione dei cibi etnici, che rientrano nelle mode omologanti di massa, e l’uso del cibo come “arma” contro il nemico che minaccia la “purezza” dei costumi di un popolo. "Anche il cibo, dunque, partecipa della logica del polemos, quando la politica se ne appropria e lo eleva a emblema dell’identità di un popolo".

di Carlo Bolpin

Enzo Pace 
Religioni in guerra   
Ed. Castevecchi 2024, pp. 166, euro 20,00