Nessun amico se non le montagne. Prigioniero nell’isola di Manus
di Behrouz Boochani
add editore 2019
Nessun amico se non le montagne di Behrouz Boochani, scrittore e poeta curdo iraniano, è un libro strano e drammatico. Scrive Omid Tofighian, che lo ha tradotto dal farsi all’inglese, che si tratta di “surrealismo raccapricciante”. Mi pare che questa descrizione corrisponda bene allo stile della narrazione.
Boochani racconta un’altra rotta di migrazione, la sua, che così impariamo ad aggiungere a quelle che già conosciamo: la mediterranea, la balcanica, quella al confine tra Bielorussia e Polonia e tra Messico e Stati Uniti. Quella di Boochani attraversa l’oceano Pacifico, dall’Indonesia all’Australia. Il racconto della traversata richiama altri racconti letti o ascoltati dai sopravvissuti: la fretta di salire sulla barca, l’incoscienza, l’acqua prima tranquilla, poi agitata, la paura di dover tornare indietro ma anche di morire annegati. E fin qui tutto – c’è da dire, amaramente – come ci ha “abituato” questo nostro tempo. Poi però il racconto diventa qualcosa di diverso, perché Boochani approda all’isola di Natale qualche giorno dopo l’approvazione di una legge che stabilisce che chi arriva in modo irregolare in Australia deve essere immediatamente deportato e detenuto nell’isola di Manus. Inizia a questo punto la descrizione della vita, se così possiamo chiamarla, nella prigione dell’isola, con intorno la giungla, oltre l’oceano e sopra il cielo. Veniamo così letteralmente accompagnati dentro il campo, negli spazi innaturali dove vigono delle regole insensate che disciplinano la convivenza di centinaia di maschi provenienti da diversi paesi del mondo, che sono rigide ma che possono improvvisamente altrettanto insensatamente cambiare, senza nessun motivo, solo perché lo hanno deciso i “Capi”.
Mi è sembrato un romanzo in parte kafkiano e in parte distopico: un racconto angosciante e impossibile. Il problema è che purtroppo Boochani, che per questo libro ha ricevuto un premio a distanza perché non ha potuto andare a riceverlo e finalmente, dopo molti lunghissimi anni, ha ottenuto l’asilo politico in Nuova Zelanda, ha vissuto davvero ciò che scrive!
di Anna Urbani