Le dannate del mare
Donne e frontiere nel Mediterraneo
di Camille Schmoll
Astarte 2022
Il titolo del libro di Camille Schmoll Le dannate del mare, che richiama volutamente I dannati della terra, il libro sul colonialismo scritto da Frantz Fanon nel 1961, è un saggio appassionato e duro come un pugno sullo stomaco. Schmoll, femminista, etnografa e geografa, si è occupata delle donne africane che affrontano la traversata del Mediterraneo e finiscono, vive, nelle strutture di accoglienza di Malta e dell’Italia. Il libro, risultato di un lavoro sul campo portato avanti dal 2010 al 2018, segue queste donne e le racconta o meglio fa che si raccontino, pur sapendo che a volte il loro racconto è falsato, almeno in parte, dalla situazione in cui si trovano, per esempio se sono in attesa di venire rimpatriate (più o meno volontariamente) o del permesso di soggiorno.
Cosa sono le frontiere? Oggi non sono una linea da attraversare, ma sono lo spazio e soprattutto il tempo in cui si viene costretti a stare da politiche migratorie insensate che stanno durando, in emergenza, da decenni. Anche le impronte digitali che vengono prese in modo da sapere qual è il primo paese in cui si sbarca rappresentano una sorta di confine che passa perfino nei corpi delle persone migranti.
Le donne - scrive Schmoll - riescono trasformare questo spazio e questo tempo in luoghi di vita e resistenza. I tre ambiti che descrive, passando da un livello privato a uno sempre più pubblico, sono: il corpo, lo spazio domestico e internet. Un capitolo riguarda anche le strutture dedicate all’accoglienza, la loro organizzazione e il personale che vi lavora.
Penso che sia un testo importante perché fa emergere la presenza delle donne nel fenomeno della migrazione, che sono ben più numerose di quello che passa il pensiero dominante. Inoltre, descrive la complessità e la diversità dei motivi che le portano alla decisione di affrontare il terribile viaggio, di cui conoscono i rischi, ma mette anche a tema lo sguardo femminile, femminista e intersezionale, che riguarda anche le donne migranti e infine, ma non meno importanti, i luoghi comuni e gli stereotipi della narrazione abituale delle migrazioni.
Non ho potuto non pensare, mentre leggevo il libro, a una frase riportata su una t-shirt indossata da mio figlio questa estate ripresa da una canzone della Bandabardò: “La fortuna è un fatto di geografia”.
E come sempre, aggiungerei, anche di genere.
di Anna Urbani