La ribelle di Gaza
di Asmaa Alghoul e Selim Nassib
edizioni e/o 2024
Mentre leggevo il libro La ribelle di Gaza, scritto da Asmaa Alghoul, giovane scrittrice e giornalista palestinese di Gaza, e Selim Nassib, meno giovane scrittore libanese di origine ebraica, pensavo a come sarebbe stato diverso leggerlo prima di questi mesi di tremenda vendetta di Israele su Gaza. Adesso sappiamo bene che Gaza non è solo una città, è una terra, sappiamo dove sono Rafah e Khan Yunis.
Il libro, come è spiegato nella prefazione di Nassib e nella introduzione di Alghoul è stato pubblicato con qualche difficoltà a ottobre del 2016, e poi tradotto e pubblicato in italiano da edizioni e/o nel 2024. Le difficoltà erano legate alle note condizioni dei cittadini di Gaza, al fatto che non possono uscire in modo legale dal paese se non a prezzo di lungaggini burocratiche pazzesche che finiscono per impedirne la mobilità.
Il libro racconta la biografia di una giovane palestinese nata appunto nel campo profughi di Rafah, e ad esso legata come ciascuno di noi può esserlo alla nostra città natale. Anche per questo, però, è considerata una traditrice, perché non sente in modo impellente il desiderio di ritornare nella terra da cui sono stati cacciati i suoi nonni. Ma lo è anche perché con la sua vita e con la sua penna smaschera la violenza di Hamas, ma anche le mancanze di al Fatah o del Fronte Popolare tanto quanto denuncia la tragedia dell’occupazione israeliana. Nessuno di questi ha veramente a cuore la popolazione, fatta di uomini, donne e bambini, che hanno voglia e diritto di vivere liberamente… a casa loro.
Il tono è quasi leggero, molto diretto e immediato. Alghoul dice quello che pensa e descrive quello che vede e che vive. A volte sembra impossibile che si possa sopravvivere a tanto dolore o convivere con tanta violenza agita.
Tra tante, mi hanno colpito queste sue parole. “Uno ammazza per mantenere al potere la propria famiglia, l’altro in nome di una interpretazione distorta dell’islam, il terzo ammazza in nome di una terra cosiddetta promessa… E i missili cadono sempre sulla testa degli stessi, quelli che non hanno potere, quelli che dormono credendosi al sicuro, che hanno la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato, che non hanno la religione consona, che preparano il caffè prima di uscire… La guerra è guerra, porta via la gente come un’inondazione”.
Alghoul ha scritto queste parole e il suo libro dopo il penultimo bombardamento di Israele su Gaza, quello a causa del quale sono morti nove suoi familiari tra cui un neonatino di 24 giorni. Cosa potrà scrivere dopo l’ultimo, infinito attacco ancora in corso?
di Anna Urbani