God save the queer. Catechismo femminista
di Michela Murgia
Einaudi 2022
Un discorso appassionato, “serio, potente e provocatorio” (Perroni nella postfazione), dedicato a3* esclus3 da tutte le tradizioni, da tutte le definizioni e da tutte le norme, ma anche all’intellettuale italiano credente, che vive la propria fede nel nascondimento: così conclude Michela Murgia il suo God save the queer dal significativo sottotitolo Catechismo femminista con la postfazione di Marinella Perroni, presidente emerita del Coordinamento delle Teologhe Italiane e importante esegeta italiana.
Sono tantissimi gli spunti sulle ragioni della fede e della speranza che offre la lettura di questo libro e che comincia da due domande fondamentali: si può essere femministe e cattoliche? E si possono risolvere le contraddizioni generate dalla convivenza di prospettive? Alla prima domanda la risposta è sì, alla seconda no. Condivido.
L'autrice ha deciso di usare come traccia il Credo, “non una preghiera ma un manifesto” che ognə* cristianə professa, ma lo fa a partire dalla sua esperienza personale di credente praticante, o meglio di femminista cattolica, che descrive in momenti, atteggiamenti, incontri, scontri, dubbi, domande che fanno parte anche della mia esperienza e penso di molt3 alt3 lettor3.
Murgia affianca al Credo due immagini molto suggestive: una rappresentazione tradizionalista della Trinità e l'icona di Rubleev che la dipinge al modo orientale. Saltano all’occhio le differenze e come l’icona sia molto più capace di rappresentare, se così si può dire, l’immagine di Dio, con tutte le possibili declinazioni trinitarie, rispetto alla rappresentazione più realista del re, che ripropone e riproduce l’ordine patriarcale, il vecchio padre, il giovane figlio e la bianca colomba, lontane dalla sensibilità ma soprattutto dalla possibilità di dire Dio senza escludere una gran parte dell’umanità anch’essa creata a Sua immagine.
Infine, mi è piaciuta particolarmente la lettura che Murgia propone di Gesù come porta per le pecore. La porta consente di entrare e stare al sicuro, ma anche di uscire per trovare il cibo e così poter vivere. La soglia è anche un modo per superare il binarismo e dire la quernees.
E che belle e capaci di provocare ulteriori pensieri su Dio e su di noi, le parole con cui conclude il capitolo su Il Messia queer: “Accettare la quernees come prassi cristiana significa riconoscere che il confine non ci circonda ma ci attraversa, e che quel che avvertiamo come contraddizione è in realtà uno spazio fecondo di cui non abbiamo ancora compreso il potenziale vitale”.
di Anna Urbani
Nota
*ho pensato di provare anche io ad usare il 3 nei plurali e la ə nel singolare, come fa Murgia nel libro, per una scrittura più inclusiva