Un'Odissea. Un padre, un figlio e un'epopea
di Daniel Mendelsohn
Einaudi 2018
Quante volte abbiamo letto e studiato l'Odissea e quante volte abbiamo fantasticato sui suoi personaggi e sui luoghi narrati. Quanto abbiamo citato l'astuzia di Odisseo, la fedeltà e la pazienza di Penelope, le diverse fragilità del figlio Telemaco e del padre Laerte, la prepotenza dei pretendenti, gli interventi di Atena, la protettrice... Quanto, anche di recente, abbiamo "usato" i personaggi per raccontare vicende e vissuti a noi contemporanei.
A tutto questo possiamo ora aggiungere Un’Odissea. Un padre, un figlio e un’epopea, libro originale e intenso scritto da Daniel Mendelsohn, docente di lettere classiche negli Stati Uniti.
La narrazione si svolge su tre livelli. Il primo, nell'aula dell'università dove Mendelsohn tiene nel 2011 un seminario sull’Odissea e al quale partecipa, in modo del tutto eccezionale, il padre Jay, di formazione scientifica. Il secondo, una crociera che padre e figlio fanno nel Mediterraneo nell'estate immediatamente successiva al seminario nei luoghi dell'Odissea, da Troia alla irraggiungibile Itaca. Il terzo livello è quello più delicato, ma anche più interessante perché racconta i rapporti umani, in particolare quelli familiari, tra il padre e i figli, tra i fratelli del padre e tra quelli dello scrittore, tra il padre e i suoi amici, e tra il padre e la madre, illuminati, in un certo senso, dal poema di Omero. Si capiscono meglio certe cose sia della vita sia dell'Odissea.
La filologia è la scienza che ha aiutato e aiuta a comprendere meglio testi antichi come l’Odissea e nel libro ciò viene spiegato, soffermandosi sui diversi momenti della storia, dall’inizio, la Telemachia, alla fine, che ha per titolo Anagnorisis, cioè “riconoscimenti”. È interessante come a volte il professore cerchi di ottenere le risposte che vuole e resti invece spiazzato dalle osservazioni dei suoi studenti e dal particolare rapporto che si instaura tra loro e il padre.
Si capisce ancora una volta quanto sia importante l'ascolto attento e appassionato, libero da pregiudizi di ciò che ci accade, di chi incontriamo, che siano persone della nostra famiglia o chiunque altro. È come se anche per capire la vita servisse un po' di filologia: in fondo anche la filologia è una forma di attenzione e passione, e di libertà dai pregiudizi.
di Anna Urbani