Le poesie di Agar
di Mohja Kahf
Aguaplano/Lapsus Calami 2019
Parole scelte con la massima cura, che suscitano emozioni e associazioni di idee senza fine, per ciascuna e ciascuno che le legge. È la poesia. Così è stato per me leggere le Poesie di Agar di Mohja Kahf, poeta americana di origine siriana.
Nell'introduzione, Mirella Vallone racconta chi è Mohja Kahf, quando sono state pubblicate le raccolte delle sue poesie, cosa ha voluto dire essere una donna araba negli Stati Uniti, in particolare dopo l’11 settembre 2001 e perché ha scelto prima Sharazad (E- mails from Sheherazad, pubblicate sempre da Aguaplano nel 2020), poi Agar, due donne significative della tradizione araba, per dare voce al suo pensiero sull’essere donna e musulmana in America.
Agar è un personaggio biblico, a cui vengono dedicati pochi ma importanti capitoli della Genesi, soprattutto per ciò che rappresenterà per il futuro: non è citata nel Corano ma negli Hadith e riveste un ruolo molto rilevante nella tradizione islamica, anche se poco riconosciuto.
In queste poesie si parla di acqua. L’acqua rappresenta la salvezza e sostiene la vita, è ciò che salva dalla morte Ismaele: Dio la dona, ma Agar la deve trovare e, tramite lei, viene donata a tutte e tutti.
L’ariete è un altro simbolo di salvezza nella Bibbia. “Dov’era l’ariete di Hajar?”, si chiede Kahf. “Forse l’ariete di Hajar è stato il miracolo della sua vita. / […] La paziente tessitura dei rapporti, / il lavoro d’amore che dura una vita”.
In quanti modi si possono raccontare le relazioni tra Abramo, Agar e Sara, ma anche con Ismaele e Isacco! Sono raccontate attraverso memorie, cartoline, lettere, viaggi e incontri, fatti molto personali, privati, fino a essere usate nella poesia Tutto bene per descrivere il conflitto israelo-palestinese e il suo possibile epilogo:”Haiar verserà l’acqua che diventerà/ un vino delicato, dolce e sino ad allora sconosciuto. /Sara riderà di nuovo, più profondamente./ Abramo sarà raggiante. Tutti, questa volta, /sapranno riconoscere /negli occhi dell’altro la luce baluginante del Divino”.
E ancora si parla di deserto, sete, soglia, madri e figli, febbre e vita: leggi e rileggi ogni verso e ogni volta ti fermi su un dettaglio, lo stesso o uno diverso, come fosse la prima.
Nell'introduzione Vallone propone che Agar sia figura per eccellenza della "migrante", straniera, ma io penso, leggendo queste poesie, che Agar posso benissimo essere io, o puoi essere tu, che le leggi.
di Anna Urbani