Cosa si vede del volto di un uomo, di una donna, di quanti incontriamo per strada in questo tempo di pandemia? Solo gli occhi e lo sguardo, dietro le mascherine. Gli occhi preoccupati dell'anziano, o gli occhi impauriti di chi pensa che ogni passante lo possa infettare; gli occhi carichi di domande dei bambini o quelli spaesati degli adolescenti. Gli occhi degli innamorati, ancora capaci di luce intensa, o gli occhi di chi torna stanco la sera, pensando se ci sarà ancora lavoro per il giorno dopo.
José Saramago, scrittore e poeta, ha detto: «Ho passato la vita a guardare negli occhi la gente: è l'unico luogo del corpo, dove forse esiste ancora un'anima».
È proprio vero che l'anima di una persona è nascosta nel suo sguardo. Non basta avere gli occhi, ci vuole anche altro, come affermava un altro grande scrittore: «Si vede bene solo con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi» (Antoine de Saint-Exupéry).
Occorre desiderare di avere occhi nuovi per vedere la realtà.
Utilizzando il linguaggio della bibbia, come sono, per esempio, gli occhi di Dio? Leggo nella Genesi: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Dio aveva creato il cielo e la terra, come un vasaio che realizza sapientemente la sua opera, e alla fine ne fu soddisfatto. Dio fece la luce del giorno, il firmamento, con le acque che sono nel cielo e quelle che riempiono i mari; la terra, con i suoi germogli, l'erba verde e gli alberi da frutto; lo splendore del sole e l'incanto della luna; e le stelle. E poi tutti gli uccelli, e i pesci, e tutte le creature meravigliose del mare; le bestie, piccole e grandi, e anche i rettili del suolo. E l'uomo, a immagine sua: maschio e femmina li creò!
Osservo lo sguardo di Dio, che "vide quanto aveva fatto" e se ne compiace. Ma all'uomo è bastato poco per rovinare tutto, distruggere, violentare, corrompere, depredare. Ora i miei occhi contemplano questa nostra madre terra, che invoca pietà. E mi chiedo: ci sarà ancora qualcuno capace di restituire bellezza, dignità, verginità, a questa creatura di Dio troppe volte abusata e ferita a morte?
Fisso lo sguardo su Adamo, al suo risveglio dopo una notte di estasi; trasognato, ancora incredulo, si vede comparire davanti agli occhi la donna, Eva, ed esclama con voce rotta dalla commozione: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne!» (Gen 3,23). Non una conquista, ma un dono. Non un possesso, ma un prestito, del quale rendere conto. Frutto del desiderio di Dio piuttosto che del bisogno e della fantasia dell'uomo. Un aiuto «che gli corrisponda», traduce la CEI. Direi invece: «che gli stia di fronte», per contenerlo, per dargli forma, per renderlo responsabile della sua libertà. Così, l'uomo e la donna esistono per lo sguardo amorevole di Dio e sono "edificati" continuamente dalla reciprocità degli sguardi, pieni di ammirato stupore. Anche se, com’è noto, è un equilibrio instabile, molto precario. Talvolta tragico. Succede all'uomo e alla donna della bibbia quello che vediamo accadere penosamente su tutta la terra: violenza, dominio, sfruttamento, fuga dalla responsabilità. L'occhio diventa cattivo e pieno di malvagità. L'uomo si vede nudo, e vede la nudità dell'altro, prova vergogna e si allontana. Dio no, si fa vicino, non rifiuta la sua creatura che ha sbagliato: «Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì» (Gen3,21). Colpisce la premura di Dio, che è come una madre attenta, ricca di misericordia, capace di vedere oltre la soglia delle vicende quotidiane. Il suo sguardo è oltre.
Ben presto, nella storia di Caino e Abele, due fratelli, vediamo scorrere il sangue: «Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise» (Gen 4,8). La violenza omicida ha sempre la sua origine nello sguardo di un cuore malato.
«Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male» (Gen 6,59). Chi scatena la tempesta devastatrice, il "diluvio universale", non è Dio, ma la malvagità dell'uomo, capace di corrompere ogni cosa creata, e di aumentare a dismisura la violenza e l'ingiustizia. È nel cuore dell'uomo che nascono le tragedie, le devastanti opere che sommergono e distruggono la vita, inquinano i rapporti tra le persone, gli amori più sacri. Il diluvio è provocato dallo sguardo di un cuore che ha perso la sua trasparenza. E Dio vede, non è indifferente. Il suo è uno sguardo di misericordia sul mondo. Qualcuno ha detto che gli unici occhi belli sono quelli che ti guardano con tenerezza. Per questo Dio dice a Noé, nell'incomprensione di tutti, di fabbricarsi un'arca. Per una nuova alleanza di vita. E per una nuova relazione tra gli uomini e con tutte le creature. L'uomo deve imparare di nuovo l'arte dello sguardo. Deve imparare di nuovo a vedere gli altri, e le cose create, come li vede Dio. Con stupore e ammirazione. Con l'occhio del poeta e dell'artista, del sognatore. Sì, l'essenziale è invisibile agli occhi. Si vede solo con gli occhi del cuore. In questo tempo di crisi, dalla quale non possiamo fuggire, ma che dobbiamo imparare ad attraversare responsabilmente, sarebbe già importante che noi imparassimo di nuovo a vedere con occhi nuovi. Si può provare a vedere il mondo, le cose, gli altri, come una bella opportunità. Forse solo così arriveremo a vedere anche Dio. Volti e voci si potranno incontrare in una nuova e stupenda armonia. «Perché l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni presto!» (Ct 2,11-12.13b). Nella bibbia il profeta è colui che "ha l'occhio penetrante", che sa vedere ciò che altri non vedono, perché vedono solo ciò che sta in superficie, ciò che corrisponde alla narrazione corrente, spesso pilotata dai potenti di turno.
Occorre vedere il futuro che sta davanti a noi: «Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada» (Is 43,19).
Occorre avere gli occhi di un bambino.
O anche quelli di un innamorato.