L' Africa non è un paese, istruzioni per superare luoghi comuni e ignoranza sul continente più vicino
di Dipo Faloyin
Altrecose Iperborea 2024 

Se siete persone curiose e volete sapere cosa non è l’Africa, o meglio cosa è, vi consiglio di leggere L’Africa non è un paese, istruzioni per superare luoghi comuni e ignoranza sul continente più vicino (Altrecose Iperborea, 2024) di Dipo Faloyin, giornalista britannico di origine nigeriana, nato a Chicago, ma vissuto a Lagos. È un libro che racconta tante storie, poche a me note, molte altre sconosciute, importanti e necessarie per stare al mondo.

L’autore comincia col sottolineare quanto per chiunque sia importante veder riconosciuta la propria identità e quanto invece per molti popoli africani ingiustizie e soprusi abbiano impedito e impediscano di vederla riconosciuta. Gli europei non avevano la più pallida idea di come fosse fatto il continente africano all’interno, perciò alla fine del XIX secolo se lo spartiscono nel modo assurdo che conosciamo e Faloyin lo descrive quasi con sarcasmo, senza tacere le conseguenze drammatiche che sappiamo. Ancora lieve ma sempre puntuale è il racconto di come sono stati stabiliti i confini degli stati, in modo del tutto innaturale e brutale, dividendo persone appartenenti a una stessa etnia e tenendo invece insieme persone di etnie diverse, a volte nemiche tra loro, creando così i presupposti per i conflitti interni agli stati divenuti indipendenti nella seconda metà del XX secolo.

L’Autore racconta come l’Occidente sia poi tornato in veste di salvatore, attraverso gli aiuti allo sviluppo, ancora una volta per dimostrare che i paesi africani non riescono a trovare da sé le soluzioni ai propri problemi ma hanno sempre bisogno dell’aiuto compassionevole dell’uomo bianco. A proposito di ciò elenca i vari live aid e documentari, mettendone in luce contraddizioni e falsità: la semplificazione non aiuta mai. Faloyin invita a studiare, cercare di capire la complessità e le sfumature piuttosto che raccogliere fondi indiscriminatamente.
Un tasto molto dolente del racconto, oltre alla barbarie della schiavitù, è il vero e proprio saccheggio perpetrato nel periodo delle colonie ai danni dei popoli che abitavano e abitano l’Africa. Negli ultimi anni, in particolare dopo la campagna Black Lives Matter in Europa e negli Stati Uniti, si è cominciato a parlare di circolazione, ma anche di restituzione delle opere d’arte africane. Se volete un assaggio di cosa può voler dire questa restituzione potete guardare Dahomey, di Mati Diop, che ha vinto l’Orso d’Oro nel 2024.

Ci sono poi i capitoli dedicati alla politica. Una parte è dedicata a sette dittature: Somalia, Nigeria, Rhodesia, Ruanda, Algeria, Guinea Equatoriale e Libia. Un’altra parte è dedicata a movimenti di resistenza e a segnali di cambiamento come il maggior spazio dato alle donne, in particolare in Nigeria, Algeria, Namibia, Uganda, Tanzania e Botswana. Faloyin, parlandoci anche di cambiamento climatico, di cinema e di musica, di cucina e di calcio, ci fa intravedere la grande ricchezza di culture, tradizioni, vite dei popoli che abitano il continente africano, che hanno ogni possibilità di occuparsi di sé e del proprio futuro, purché li si tratti finalmente e sempre con “riguardo e dignità”.

di Anna Urbani


Dipo Faloyin 
L' Africa non è un paese, istruzioni per superare luoghi comuni e ignoranza sul continente più vicino 
Altrecose Iperborea 2024, pp. 480, euro 22,00