Se amore guarda. Un'educazione sentimentale al patrimonio culturale
di Tomaso Montanari
Einaudi 2023
"Se gli occhi guardano con amore, se amore guarda, essi vedono”. Questa è la frase completa di Carlo Levi da cui Tomaso Montanari ha tratto il titolo del suo nuovo e denso libro: Se amore guarda Un’educazione sentimentale al patrimonio culturale, Einaudi 2023. E questa è anche, diciamo così, la prospettiva di tutto il libro: un invito, un appello, a capovolgere lo sguardo, cioè a privilegiare l’occhio di chi guarda, e non tanto ciò che viene guardato. Il patrimonio culturale, comprensivo del paesaggio che lo contiene e della sua storia, non è qualcosa per addetti ai lavori, che giustamente lo studiano, né per pochi eletti che hanno la possibilità economica e intellettuale di goderne, ma è qualcosa che rende tutte e tutti noi (più) umani, se impariamo, appunto, a guardarlo con amore.
Il sottotitolo del libro spiega ulteriormente l’intenzione dell’Autore: si tratta infatti di un’educazione sentimentale, non di istruzione né di formazione. Ogni capitolo sottolinea i diversi aspetti dell’umanità che vengono in un certo senso attivati dall’incontro con le opere d’arte intorno a noi, siano queste imponenti cattedrali o palazzi, umili selciati o statue consumate dal tempo e dalla venerazione degli esseri umani.
Lo spazio che ci circonda, con il tanto o il poco che resta, rimanda ad altri tempi, a un’altra umanità che lo ha abitato e alla fragilità e finitudine del presente. I diversi strati, che abbiamo imparato a conservare e curare, sono l’occasione immediata di riconoscere identità “porose” e plurali: non esiste uno stile puro, così come non esiste una vita pura. Inevitabile il richiamo al kintsugi e alla valorizzazione delle cicatrici che il tempo lascia anche su di noi!
Accanto al riferimento a chiese, statue e quadri visualizzati nella mente, Montanari cita diversi autori, oltre al già menzionato Levi, e dichiara questa scelta come il modo per lui più efficace di far risuonare dentro di sé i diversi tempi e i diversi spazi che il patrimonio culturale ci consente di abitare. Leggiamo così, per esempio, dello straordinario e drammatico racconto di Vassilij Grossman, che nella Madonna Sistina di Raffaello vide una donna che sta entrando nella camera a gas di Treblinka. O veniamo a scoprire, grazie ai documenti che studiano gli storici, che fu una donna – Francesca Bresciani – a preparare il lapislazzulo, proveniente da una regione dell’odierno Afghanistan, per adornare il tabernacolo della Basilica di San Pietro disegnato dal Bernini.
Vivere a contatto, immersi, in comunione con il patrimonio culturale fa dire anche a noi, come a Brodskij, come a Montanari: “senti che per te non è ancora finita”.
di Anna Urbani