Di guerra in guerra. Dal 1940 all'Ucraina invasa
di Edgar Morin
Raffaello Cortina Editore 2023
Temo che tanti “intellettuali” non si confronteranno con questo piccolo e denso saggio, in cui l’autore condensa la saggezza maturata nella sua lunga vita attraverso la continua riflessione sulle esperienze drammatiche vissute. Ricordo solo due titoli significativi dei numerosi testi pubblicati dalla stessa casa editrice: “Il metodo” (sei volumi) e “La testa ben fatta”.
Edgar Morin, compiuti 101, conferma l’autorità morale del suo pensiero nella capacità di comprendere la realtà attuale dell’ invasione dell’Ucraina, con uno sguardo di lungo periodo, appunto, con metodo e con “la testa benfatta”, smascherando ideologie, semplificazioni e ipocrisie.
Ha il linguaggio semplice e chiaro che svela la complessità e risveglia dal torpore e dai mascheramenti, come il bambino della favola che grida “il re è nudo”.
Il centro del suo pensiero è la riflessione etica sulla realtà, come filo-sofia della vita buona e bella, personale e collettiva. Da questo punto di vista, ripercorre le tragedie delle guerre vissute in prima persona in tutto il ‘900 a partire dall’attuale guerra in Europa. La crudeltà di questa gli fa fare i conti con gli orrori delle passate guerre, che, a loro volta, illuminano il presente, i grandi rischi e la necessità di uscirne con la pace, indispensabile e possibile. Questo sguardo storico, dall’alto e immerso nella realtà patita da dentro, lo investe direttamente in quanto attore delle vicende storiche passate, che affronta con pensiero autocritico, consapevole degli errori di valutazione, delle illusioni e degli autoinganni, delle giustificazioni e degli auto-occultamenti.
La domanda etica percorre tutto il libro, tutti i fatti raccontati: per quanto giusta sia la guerra, come quella contro il nazismo, anche quella del Bene comporta in sé del Male, che viene occultato, rimosso, giustificato. “Perché ogni guerra comporta criminalità, più o meno grande secondo la natura dei combattenti; ogni guerra racchiude in sé manicheismo, propaganda unilaterale, isteria bellicosa, spionite, menzogna, preparazione di armi sempre più mortali, errori e illusioni…” . Atrocità, stupri, uccisioni di civili, vengono commessi in ogni guerra da ogni parte, pur dovendo distinguere tra crimini occasionali, strutturali e sistematici.
L’analisi che anche la guerra in Ucraina, come le tante guerre in atto, non sfugge a queste logiche, porta l’autore alla presa di coscienza della radice di questo continuo errore che legittima gli orrori della guerra. Cerca questa radice prima di tutto in sé stesso, nell’autoinganno: “è la guerra” si diceva vedendo le distruzioni delle città effetto dei bombardamenti alleati.
Le crudeltà, i crimini sono quindi accettati in nome del Bene (che assume vari nomi e volti). L’invasione dell’Ucraina fa emergere in Morin i ricordi delle atrocità viste direttamente: “è riemersa in me la coscienza della barbarie dei bombardamenti compiuti in nome della civiltà contro la barbarie nazista”; “L’orrore del nazismo […] occultava a noi resistenti e antinazisti l’orrore dei bombardamenti per terrorizzare le popolazioni civili, che distruggevano città intere, colpendo donne, bambini, anziani più che i combattenti”. Così “occultammo” la barbarie dello stalinismo, come quella delle democrazie occidentali che nelle repressioni contro i loro colonizzati hanno commesso “ciò che a posteriori, bisogna definire 'crimini di guerra'”. Lo stesso termine “crimine” viene rimosso. La lucidità del pensiero autocritico mi ricorda quello “profetico” di Simone Weil che, nel pieno della lotta di resistenza, afferma la necessità di unire la lotta di liberazione contro il nazismo e il fascismo quella per la liberazione dei popoli colonizzati, verso i quali anche le democrazie operano con metodi crudeli: se si mantiene lo spirito della violenza nazionalistica, anche l’Europa sarà sottoposta allo stesso sradicamento culturale e spirituale.
Anche per Morin, non aver fatto i conti con i propri crimini ha comportato aver rimosso, anche nel linguaggio, l’orrore dell’idea stessa della guerra. Abbiamo continuato a farne direttamente, o ad alimentarle, auto ingannandoci, nel “sonnambulismo” della pace in Europa per 70 anni, senza accorgersi che sviluppo tecno-economico, società dei consumi, e poi globalizzazione e neoliberismo, stavano portando “non solo al sottosviluppo etico-politico, ma anche a gigantesche crisi planetarie”. In questo contesto va considerato il grave pericolo del radicalizzarsi della guerra in Ucraina. Non si vede l’insieme, “si è sprofondati in una cecità tanto più grande in quanto crede di possedere i mezzi adeguati al sapere”, “dato il dominio di un pensiero meccanicista, lineare e incapace di concepire la complessità dei fenomeni”. Tutta la vita e l’opera di Morin è tesa a costruire in positivo un metodo alternativo, un pensiero globale, per insegnare a vivere, con la testa ben fatta.
Dopo l’analisi del contesto, sia storico che attuale, e alla presa di coscienza autocritica, l’autore ritorna all’individuazione delle possibilità di pace, urgenti e indispensabili, in Ucraina.
Anche in questo caso considera le condizioni sfavorevoli alla pace, in primo luogo lo scontro delle grandi potenze. Le voci e i movimenti che operano in favore della pace ”sono coperte dalla voce tonante dei sostenitori russi e americani del 'sino alla fine' (dov’è la fine?)”.
Pesa la poca volontà in Europa nell’immaginare e nel promuovere una politica di pace. “Parlare di cessare il fuoco, di negoziati, è denunciato come una ignominiosa capitolazione da parte dei bellicosi, che incoraggiano la guerra che vogliono a tutti i costi evitare a casa loro”. “Peggio ancora, l’idea stessa di pace è condannata dai media occidentali come “putiniana” e alla stregua della capitolazione di Monaco”.
Non è mia competenza esaminare le proposte concrete di “cessazione del fuoco” e di negoziati. Sono strade possibili, come altre, solo se si prende coscienza – partendo dal fare i conti con il nostro passato – della grande urgenza affermata con forza nelle conclusioni: “Più la guerra si aggrava, più la pace è difficile e più urgente”; “questa guerra provoca una crisi considerevole che aggrava e aggraverà tutte le altre enormi crisi del secolo subite dall’umanità, come la crisi ecologica, la crisi economica, la crisi delle civiltà, la crisi del pensiero. Che a loro volta aggraveranno la crisi e i mali nati da questa guerra. Nel 2017 c’erano ottanta milioni di esseri umani sull’orlo della carestia. Poi dopo la pandemia, duecentosettantasei milioni, e attualmente trecentoquarantacinque milioni”.
di Carlo Bolpin