La diversità feconda. Un dialogo etico tra religioni nella città
Simone Morandini (a cura di)
Centro editoriale dehoniano 2021
"Il dialogo non si svolge fra rappresentanti di culture o religioni diverse che giocano ciascuno il proprio rispettivo ruolo, ma fra uomini e donne che credono nel dialogo e nell’incontro come motore delle relazioni umane. Vedo molto più dialogo ecumenico e interreligioso all’uscita di una scuola elementare o in un mercato rionale di quanto non possa avvenire nelle aule universitarie e nei luoghi di culto”. Questa considerazione del canonista Pierluigi Consorti è presente nell’ultima pagina del volume a più mani La diversità feconda. Un dialogo etico fra le religioni nella città, curato da Simone Morandini e promosso dalla Fondazione Lanza di Padova, e, se non rappresenta “il sugo di tutta la storia” come le parole di Renzo in Manzoni, illumina in modo molto efficace la realtà sociale, non solo europea, che ha fatto sì che l’urgenza del dialogo interreligioso e interculturale abbia fatto superare ogni riserva dottrinaria, magari “con juicio”, con un salto di qualità culturale. Ciò non implica che non esistano altre importanti ragioni di questo dialogo. Fra i cristiani, l’afflato messianico verso l’unità della Chiesa. Fra i credenti delle religioni abramitiche, perché, nelle parole del 1074 di papa Gregorio VII, “crediamo e confessiamo l’unico Dio, ammesso nei diversi modi”. Fra tutti, l’aspirazione alla fratellanza e alla reciproca comprensione fra gli esseri umani. Implica però che, data in ogni caso la fondamentale irriducibilità del “patrimonium fidei” o della visione del mondo delle diverse confessioni, anche la riflessione teologica ed etica non può esimersi dall’ affrontare un adattamento evolutivo, per cercare ugualmente i numerosi punti di incontro che possono essere trovati già ora o che potrebbero darsi, nel proseguire del processo, in futuro. Yahia Zanolo propone un versetto del Corano, V, 48, che si presta a descrivere la via meno incerta fra quelle su cui il dialogo si è incamminato: “Gareggiate dunque nelle opere buone, ché a Dio tutti tornerete, e allora Egli vi informerà di quelle cose per le quali ora avete divergenze”.
I contenuti spirituali e sociali del libro in questione sono difficili anche solo da elencare, data la loro ricchezza e varietà. Esso si articola in tre sezioni. Nella prima, denominata “Orizzonti”: il teologo Claudio Monge si occupa dall’esegesi di alcuni passi della dichiarazione congiunta di Abu Dhabi di papa Francesco e dell’Imam della moschea di Al-Azhar; un altro teologo, Pier Davide Guenzi, indaga sul contributo delle religioni per un’etica della città plurale; il professor Enzo Pace, sociologo delle religioni, presenta i dati necessari a una valutazione realistica della situazione italiana ed europea e i dettagli di alcuni esempi di dialogo a livello civico particolarmente ricchi di risultati concreti: Bradford in Inghilterra, Bordeaux, Monaco di Baviera, anche Novellara in Emilia. Nella terza, denominata “Declinazioni: lo spazio delle etiche applicate”: il teologo Leopoldo Sandonà investiga sulla bioetica come laboratorio dialogico; Simone Morandini e Matteo Mascia della Fondazione Lanza riprendono i temi sulla convergenza a supporto di “quella struttura ecosistemica planetaria che supporta la vita”, già trattati più ampiamente nel brillante volume intitolato Cambiare rotta: Il futuro nell’Antropocene, edito sempre dalle Dehoniane; la professoressa Francesca Marin dell’Università di Padova si sofferma sulla tematica non solamente ebraica del rapporto fra ritualità e sicurezza, e quindi fra tutela della salute e libertà religiosa, a proposito della circoncisione rituale.
La seconda sezione, intitolata: “Una sinfonia di voci”, come promette il titolo ha un carattere più rapsodico e facilmente sintetizzabile: più che approfondire le articolazioni concrete del dialogo, qui vengono messe in luce le aperture di ogni tradizione non cattolica verso ciò che è universalmente umano, e quindi potenzialmente condivisibile con gli altri. Per il pastore valdese William Jourdan “la consapevolezza protestante espressa in una identità che si articola, fin dalle sue origini, in forme plurali, dovrebbe rendere il protestantesimo più sensibile alle istanze di una società che è plurale”; pur tuttavia queste potenzialità si concretizzeranno “solo nel corso del Novecento […] nel 1973 attraverso la “Concordia di Leuenberg”, documento che sancisce un pieno riconoscimento reciproco fra le Chiese luterane e riformate […] sulla base di una comune comprensione dell’evangelo che non annulla le differenze” (pp. 64-65). Sul dialogo in corso fra i protestanti storici e il crescente evangelismo carismatico è uscita presso Claudiana l’opera: “Valdesi, metodisti e pentecostali in dialogo”, da cui Jourdan trae un passo (“Non si può escludere, intraprendendo con altre fedi il dialogo su Cristo, che Cristo per mezzo di noi parli a loro, e per mezzo di loro parli a noi”) che si può avvicinare alla sura coranica citata da Zanolo, anche se sembra riguardare il dialogo ecumenico o interno al mondo protestante più che quello interculturale.
Due interventi trattano delle altre religioni abramitiche. Miriam Camerini offre un saggio convincente dell’inesauribile piacere intellettuale che può offrire lo studio della Torah ebraica; non per questo ne esce un'immagine meno problematica dei rapporti con Acher, con l’Altro. Yahia Zanolo distingue tre tipi di dialogo: quello di convenienza “ispirato da una filosofica indifferenza, o da un universalismo relativista”; quello di realtà sulla “comune accettazione di alcuni valori morali e concetti metafisici, nella consapevolezza di dover fronteggiare un comune pericolo di secolarizzazione […] nell’attesa dello svelamento escatologico che metterà a nudo il nostro dramma umano, la cui natura e realizzazione permane nel mistero della divina Volontà” (p. 87).”; quello di vertice, che consiste nel “riconoscere l’azione della Conoscenza che scopre l’unica Verità al di là del velo e della molteplicità delle forme” (pp. 82-83). Tre interventi trattano di tradizioni che non fanno riferimento all’unico Dio di cui parlava papa Gregorio VII, esprimendo, nelle parole di Morandini, “percezioni di verità espresse in forme assai diverse da quelle care al mondo mediterraneo” (p. 12). Amina Crisma offre una sintesi dei suoi studi sul confucianesimo e sul taoismo, approfondendo le molteplici valenze del Ren (senso dell’umanità che nei confuciani porta alla benevolenza e al coraggio contro l’ingiustizia all’interno del solidale ripetersi delle relazioni tradizionali) e del Dao (via, metodo, enunciazione, e nei testi taoisti eterna processualità che tutto racchiude, invisibile sorgente delle forme visibili): i contributi etici più utili per Crisma consistono “nel sentimento di filialità (verso gli esseri umani e verso la natura) e nel senso del limite”. La monaca Hansananda Ghiri ricorda che per l’induismo “la Verità che è Una, i saggi chiamano con modi diversi” (Rig Veda, 1.164.46); “perfino nelle dottrine in cui si afferma che il mondo manifesto ha una realtà ontologica, reale, il sat (manifesto) nasce dall’asat (trascendenza), unica sorgente indifferenziata”. Viene richiamata la nozione fondamentale di Dharma, che Ghiri propone di tradurre come “armonia”, sottolineando la ormai ben acquisita nozione che il pensiero orientale ha ricordato al nostro orgoglio di conquistatori, che nella natura e nelle società tout se tient, come insegna e dimostra articolatamente nella sua enciclica ecologica papa Francesco. Massimo Raveri di Ca’ Foscari, infine, spiega, con quella che Thomas Mann avrebbe chiamato “seconda semplicità”, il senso profondo del percorso buddista, con il suo vivo senso di empatia col dolore di ogni essere vivente.
Lo scopo di questo volume consiste, secondo un'espressione di Adriano Fabris, nello sviluppo di una “competenza dialogica”, che Morandini vede articolata nell’imparare a riconoscersi al di là dei pregiudizi e degli stereotipi (“chiamarsi per nome”), nell’ascoltare con attenzione e empatia l’argomentare altrui, nell’intendere le risonanze che si danno anche con parole diverse e nell’individuare percorsi di collaborazione, cura condivisa, orientamento alla prassi (p. 16). Non va nascosto che c’è anche un piano di rivendicazione comune della visione religiosa del mondo rispetto al cosiddetto pensiero unico del mondo del mercato globale, unilaterale o unidimensionale come diceva Herbert Marcuse - da gestire con cautela perché non porti, pur nell’inevitabile rispetto del realismo politico, a forme di flessibilità di principio sul piano delle libertà e dei diritti umani. E va ripetuto che il processo viene molto accelerato dalle necessità indotte dalle contingenze storiche, non solo da quelle, così ben puntualizzate nella prima parte dell’opera, che si danno nelle nostre città occidentali. Sono quasi un grido di dolore, per esempio, le parole dei vescovi dell’India che papa Francesco cita al n. 271 di “Fratelli tutti”: “l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia, e condividere valori ed esperienze morali in uno spirito di verità e di amore.”
di Massimo Canella
Simone Morandini (a cura di)
La diversità feconda. Un dialogo etico tra religioni nella città
Centro editoriale dehoniano 2021, pp. 200, euro 16,00