Il tempo della fine. Prossimità e distanza della figura di Gesù di Giancarlo Gaeta, Quodlibet 2020

L’autore, è stato docente di Storia del cristianesimo antico, ha curato numerose edizioni delle opere di Simone Weil pubblicate da Adelphi, oltre l’edizione commentata dei Vangeli pubblicata nei Millenni Einaudi (2006); segnaliamo tra le opere recenti Le cose come sono, Etica politica religione (Scheiwiller,2008), Il Gesù moderno (Einaudi 2009), Leggere Simone Weil (Quodlibet 2018). 

In poche pagine, dense e chiare, l’autore riesce in una operazione straordinaria: l’indagine rigorosa sui racconti evangelici ci ripropone come un dramma, che ci riguarda oggi, la pluralità di interpretazioni dei diversi aspetti della figura di Gesù a partire dai Vangeli stessi. Anche per noi i Vangeli hanno la “funzione di ponte tra l’evento passato e i pensieri, i desideri, le questioni attuali”, interrogano ciascuno di noi in prima persona. In chi crediamo? Chi è Gesù Cristo per noi? Si ripropone per noi la stessa questione della “prossimità e distanza”, “attualizzazione e distanziamento” della figura di Gesù presente nei Vangeli in cui i fatti sono rivissuti, dopo anni da quando sono successi, nelle loro concrete diverse situazioni, e quindi con tutti i dubbi drammatici nelle speranze suscitate dall’irrompere di questo singolare personaggio nella vita dei credenti. “Il problema della vita di Gesù va posto nel modo più radicale”. “Già gli evangelisti, a pochi decenni dalla morte di Gesù, furono ben consapevoli di trovarsi in una situazione altra rispetto a quella che intendevano narrare: altra, cioè del tutto prossima e del tutto diversa nello stesso tempo”.
Il libro ripropone l’evangelo nella sua figura originaria, “spogliato dal sistema di credenze” che si sono accumulate nel tempo e che ci mostrano un'immagine deformata di Gesù, edificante, devozionale, funzionale a soddisfare i nostri bisogni “mondani”, e quindi a mantenere, illusoriamente, in vita la struttura di riti, dottrine, istituzioni, piuttosto che la fede nel Gesù Cristo ormai distante. Nei diversi capitoli vengono esaminati gli episodi più scomodi presenti nel Vangeli, come l’accusa di follia dei familiari a Gesù, o le affermazioni di lui scandalose come quella di essere venuto a portare la spada  o di lasciare i “morti” seppellire i loro morti. Viene tolta la radicalità della predicazione e della vita di Gesù, presentato come un maestro di vita spirituale, di sapienza adattabile alle diverse situazioni: “... già gli evangelisti si sono trovati nella necessità di mediare tra il radicalismo di Gesù [...] e le esigenze sia spirituali che pratiche delle comunità sedentarie”. Questo è un conflitto che ha percorso tutta la storia del cristianesimo.  Progressivamente si è separata la vita di Gesù, un “modello” ideale per credenti e non, dal Cristo, in funzione salvifica attraverso il sacrificio espiatorio sulla croce. L’istituzione ecclesiastica si è fondata su questa dottrina, che ha portato ad una “soteriologia individuale” che pone al centro “la fede nella remissione dei peccati in forza della morte redentrice di Gesù sganciata dalla fede nel Regno di Dio”.

Il nodo di fondo posto da Gaeta è nell’incomprensione e nel travisamento della radicalità dell’annuncio escatologico del Regno. Tutta la vita di Gesù, i suoi comportamenti, le sue relazioni, i suoi “prodigi” e tutta la sua predicazione, costituiscono l’evangelo di Dio e del suo Regno. Conseguenza di questa radicalità è la sua morte in croce, come prima la sua solitudine come di un visionario senza famiglia e senza mezzi, il rifiuto dei familiari, l’abbandono dei discepoli, l’opposizione dei poteri religiosi e politici. Gesù vive fino in fondo la venuta del Regno, “incompatibile con il mantenimento dell’assetto sociale”, dell’appartenenza alla struttura parentale, all’ambiente sociale e al sistema costituito di relazioni gerarchiche e di poteri, perché la realtà escatologica annuncia la fine di “questo mondo” e dell’idea di tempo lineare. Il tempo del Regno di Dio infatti è già realizzato in Gesù Cristo, che quindi non è un maestro di sapienza né un riformatore religioso, non propone la costruzione di una nuova società né di una nuova religione. “Il mondo che persiste  è una realtà giudicata” già ora. L’attesa del Regno non tende né a un al di là futuro né a un messianismo storico, ma significa vivere oggi la compassione di Dio, antagonista alle logiche di questo mondo, e “riconoscere chi patisce la violenza mondana e rendersi partecipe della sua condizione”, vivere relazioni giuste "belle e buone" come sperato da Dio in Genesi. L’autore lascia aperta la domanda se l’epoca attuale è in grado di ricomprendere “il nesso tra la fede escatologica di Gesù e la fede cristologica dei discepoli” “superando la scissione tra dottrina e vita”. Le comunità cristiane sapranno darsi una nuova forma “prossima e distante” da Gesù, recuperando la radicalità scandalosa di Gesù senza mediazioni riduttive? Oppure si realizzerà negativamente l’inquieto interrogativo di Gesù ai discepoli “Volete andarvene anche voi?”

a cura di Carlo Bolpin

Giancarlo Gaeta, Il tempo della fine. Prossimità e distanza della figura di Gesù, Quodlibet 2020, pp. 128, euro 14,00