Riparare i viventi di Maylis De Kerangal, Feltrinelli 2015
Ha un titolo semplice, ma nello stesso tempo molto suggestivo, il romanzo della scrittrice francese Maylis De Kerangal. Riparare i viventi (Feltrinelli, prima edizione 2015) racconta quanta vita accade attorno a un intervento sanitario eccezionale quale il trapianto di organo. Di più, De Kerangal sceglie il cuore, organo che non solo è unico ma racchiude in sé simboli e significati. Sono molto affascinanti le descrizioni di cosa rappresenta il cuore per noi esseri umani già da prima della nascita (vedi ad esempio l’incipit a pag. 9 e pag. 156 nella terza edizione).
Il cuore è la vita stessa: il fatto che ci sia o no il battito nell’embrione fa la differenza. Successivamente, attraverso di esso (ritmo e collocazione spaziale) possiamo accedere a emozioni e vissuti, fino a quando diventa così appesantito e malato da non consentirci più una vita “normale”. Oppure, in modo drammatico la vita non c’è più, anche se il cuore, a volte, non si ferma da solo.
Cosa comporta un trapianto di cuore? Il libro racconta con molta delicatezza ma senza sconti proprio tutto ciò che accade: la vita e la morte di una persona, il dolore di chi resta, la vita nuova di chi riceve il trapianto con tutte le domande che pone, la quotidianità degli operatori sanitari in bilico tra i loro ruoli impegnativi e fondamentali e la loro vita privata, si potrebbe dire ordinaria, tra vizi e virtù. La medicina appare come un compito alto, perché ha a che fare con la vita e la morte, con la fragilità della malattia e delle persone malate da una parte e dall’altra con il potere della “scienza” medica e dei medici. Il titolo del libro traduce questo compito come fosse una formula meccanica, ma nella descrizione delle donne e degli uomini che lo esercitano, fa vedere tutta la loro umanità.
È stata immediata, per me, l’associazione con un concetto che avevo letto casualmente di recente nell’oroscopo di Internazionale. Ve lo propongo come riflessione aperta, da associare alla lettura di questo libro: «“Meno le persone sono intelligenti, meno pensano che l’esistenza sia misteriosa”, scriveva il filosofo Arthur Schopenauer. Condivido questa riflessione e anche il suo opposto: più le persone sono intelligenti più pensano che l’esistenza sia misteriosa (…)».
a cura di Anna Urbani
Maylis De Kerangal, Riparare i viventi, Feltrinelli 2015, pp. 218