di Laura Munaro
“We refuse to be enemy” (ci rifiutiamo di essere nemici). Così cita la scritta all’ingresso della fattoria denominata Tent of Nations a sud di Betlemme, gestita dalla famiglia Nassar, arabo cristiana, da generazioni. La scritta rappresenta la scelta di vita di Daoud Nassar, il proprietario dell’azienda agricola di famiglia.
Situata su una collina in West Bank - Area C dei territori occupati, la fattoria si estende su 42 ettari. È circondata da cinque insediamenti illegali di Gush Etzion, secondo quanto stabilito dagli accordi di Oslo del 1993 e dalla quarta convenzione di Ginevra. La famiglia Nassar vive vicino al Muro di separazione che divide tutta la Palestina da Israele.
Nel 1991 il governo israeliano dichiarò l’area come “terra demaniale”. Nassar presentò ricorso al tribunale militare. Dopo numerosi appelli, la sentenza giunse nel 2002: la fattoria doveva essere confiscata. Nassar impugnò la sentenza e si rivolse alla Corte Suprema, la quale decise che la famiglia avrebbe potuto rinnovare la registrazione della terra. Da allora il tribunale continua a posticipare la sentenza e il caso è ancora aperto.
Da oltre 30 anni, Daoud Nassar è in causa con la corte israeliana per ottenere il riconoscimento legittimo della proprietà. La famiglia ha i contratti di acquisto originali del 1916 stipulati sotto il dominio dell’Impero ottomano e gli aggiornamenti delle occupazioni successive: l’Impero Britannico e lo Stato di Israele stesso! Durante questi decenni, gli occupanti - tramite atti illegali - sradicano alberi, abbattono e incendiano intere piantagioni, danneggiano le strutture e rubano le attrezzature. Oltre a questo, hanno tolto luce e acqua corrente.
Il progetto Tent of Nations. Aggrappata alle vie della legalità, la famiglia Nassar è riuscita a fermare i progetti di distruzione della fattoria. Finora, a nulla sono servite le iniziative intimidatorie da parte dell’occupazione: ordini di divieto di costruire, di fabbricare sistemi di canalizzazione dell’acqua e di portare energia elettrica. Seppur tra mille difficoltà, il lavoro in fattoria continua: per la coltivazione delle piante si raccoglie l’acqua piovana in cisterne, mentre per l’uso domestico viene acquistata. L’elettricità viene ottenuta tramite i pannelli solari, donati da volontari stranieri.
Durante tutto l’anno accolgono volontari e visitatori in pellegrinaggio.
Per Daoud Nassar l’unica soluzione possibile è accogliere l’occupazione subita e cambiarla guardando le difficoltà come opportunità. È dal personale atteggiamento che i muri si sgretolano e rimane solo l’occasione di dialogo reciproco. Daoud sostiene che il primo passo per la pace giusta è creare ponti di comprensione e questo è possibile solo se si guarda l’altro come un essere umano. Il secondo passo è essere predisposti a intraprendere un percorso di riconciliazione: questo è difficile in quanto la riconciliazione include il perdono e questo inizia dopo che le ferite sono state sanate. Daoud incoraggia sé stesso e chi incontra ad agire in modo differente con un
atteggiamento nel cuore di fede, amore e speranza.
La fattoria rappresenta l’emblema di dialogo costruttivo, attraverso la realizzazione di progetti legati alla terra. Il carisma, la fede disarmante e l’umorismo di Daoud Nassar sono linfa che motiva centinaia di persone che, ogni anno, si recano a Tent of Nations per ascoltare le parole di Daoud e per lavorare assieme. Ecco la peculiarità di questa realtà cristiana palestinese, che vive in un Paese conteso e permeato da paradossi: dare fiducia all’altro senza lasciarsi condizionare da pregiudizi sociali, per una collaborazione volta unicamente al Bene nella visione di una giustizia umana universale.
Daoud Nassar si rivela fonte di ispirazione con le sue parole intessute di speranza: “La visione che perseguiamo è mettere in relazione le persone tra di loro, creando ponti di comprensione e risvegliando la consapevolezza del sé, proprio attraverso il dialogo e il lavoro agrario condiviso. Con questo atteggiamento, “l’altro” non è più una persona da cui diffidare, ma diventa una risorsa di scambio per fare esperienza.
Coltiviamo la terra, trasformando una semplice fattoria in una collaborazione che possa essere un modello per altri. Il tessuto su cui si basa il nostro operato è la nostra fede, radicata e forte, che sa motivare gli altri ed è capace di rigenerarsi nonostante i continui conflitti che ripetutamente esplodono in questa terra.
Non vogliamo vivere intrappolati in un circolo di odio. La radice di molti mali è la paura e la paura non fa vivere. È importante soprattutto per le nuove generazioni che qui crescono nel conflitto”.
Il progetto di Tent of Nations lavora per la tutela dei diritti umani, coinvolgendo volontari internazionali e giovani palestinesi dell’area limitrofa: infatti la fattoria è anche meta di gite scolastiche e luogo di didattica esperienziale. L’invito di Daoud Nassar è quello di visitare Tent of Nations, osservare, ascoltare e collaborare, per poi tornare a casa con nuove consapevolezze e concretizzare un nuovo approccio nel vivere la propria quotidianità.
Il Progetto Tent of Nations Italia. Ho conosciuto Daoud Nassar nel 2010. Profondamente colpita da quell’esperienza, da allora torno come volontaria, impegnata in lavori agrari e di sistemazione delle strutture. Assieme a Daoud poi, ho iniziato un progetto dal nulla: nasce così nel 2014 Tent of Nations Italia.
L’obiettivo è quello di supportare i Nassar attraverso le seguenti attività: raccogliere e devolvere donazioni a distanza; promuovere il volontariato; agevolare la divulgazione mediatica, tramite newsletter e aggiornamenti online; organizzare incontri di sensibilizzazione; cooperare a eventi di carattere culturale ed educativo, con altre organizzazioni; individuare contatti in ambito agrario e legale a supporto della fattoria.
Un esempio: il vino di Tent of Nations. Nel 2014, avevo messo in contatto Daoud Nassar con esperti in viticoltura per capire come sarebbe stato possibile produrre vino. Dopo nove anni, grazie alle consulenze, ai volontari, alla divulgazione mediatica e alle donazioni, nel 2023 Daoud Nassar è diventato un viticoltore autonomo. Si produce vino in una terra senza acqua corrente, violata dall’occupazione, difesa solo dalla presenza internazionale. Le radici da cui traggono linfa le dinamiche di Tent of Nations si fondano sulla Relazione. Per me è motivo di orgoglio e realizzazione.
Tent of Nations rappresenta un esempio potente di soluzione per una pace giusta in contesti di grande conflitto. Daoud Nassar incarna la volontà del singolo, isolato, circondato da insediamenti e muri di separazione, senza beni di prima necessità che - tramite la collaborazione internazionale - realizza l’impossibile! Tent of Nations Italia funge da megafono e supporto di questo circolo virtuoso di Relazione.
Maggiori contenuti si trovano nel sito: “tentofnations.com” e “tentofnations.it”; facebook “Tent of Nations - Qeshet”; Instagram “tent_of_nations_italia” e nel canale YouTube “Tent of Nations italia Qeshet”.
n. 1/2024, La nonviolenza attiva la pace pp. 61-63