Che effetto fa sapere che in Estonia lo scorso anno una Presidente della Repubblica donna, Kersti Kaljulaid, ha avuto il piacere di nominare Presidente del Consiglio Kaja Kallas, con le congratulazioni per “il governo equilibrato di genere e pieno di ambizioni europee" da parte della Presidente della Commissione dell’Unione Europea Ursula von der Leyen? È cambiato qualcosa?
Perché è come per le quote rosa che nessuna donna approva anche se il maschilismo congenito dei partiti le rende necessarie: se invece le quote le fornisce l’elettorato, non possiamo nemmeno essere del tutto sicuri che la legge sull’aborto sia al sicuro.
Perché il problema di fondo non è chi governa, se un maschio o una femmina, ma le forme in cui si è stabilizzato il potere. Questo potere.
Il potere nato come esercizio di forza che accetta, evolvendosi, l’uguaglianza purché il modello resti unico, gerarchico ed escludente la pluralità paritaria delle “differenze”, a partire da quella uomo/donna.
Anche in Italia abbiamo eletto alla Presidenza del Consiglio per la prima volta una donna che vuole essere chiamata “il” presidente perché, forse giustamente, la carica prescinde dal genere: il comando sembra neutro, ma è rigorosamente maschile. Le regole linguistiche lo confermano: ascoltiamo il suono che fa l’uso al femminile o al maschile del nome che designa il mestiere di chi governa: il governante/la governante!
La storia delle donne, il femminismo novecentesco volevano cambiare il mondo non con un golpe di genere, ma con la rivoluzione culturale più autentica dei nostri tempi. Detto con altro slogan arcaico fuori la guerra dalla storia. Perché il potere patriarcale produce violenza e ogni forma di violenza diventa guerra e porta ai femminicidi, agli stupri, alla negazione del consenso e della convivenza relazionale anche tra le nazioni. La questione di genere non parte dall’ontologia: le donne non sono migliori, hanno la stessa dotazione di aggressività dei maschi anche se compressa e condizionata dal ruolo che le condiziona dall’uscita dal grembo materno fino a quando emerge il bisogno di essere nel mondo come soggetto libero: possono ottenere benefici dall’omologazione al modello politico unico, benefici che non esimono da perdite nella relazionalità intima e nella famiglia. Sì, siamo come un uomo; ma non uguali in umanità fino a quando non sarà possibile la reciprocità: davvero sei come una donna.