di Carlo Beraldo

Un recente rapporto dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), pubblicato nei primi giorni di marzo, ha offerto un esplicito quadro delle conseguenze che la grave crisi economica prodotta dalla pandemia e dalla connessa emergenza sanitaria ha determinato in Italia sulle condizioni di vita della popolazione residente. Tale Rapporto ha dato evidenza alla condizione di estrema povertà (che l’ISTAT chiama povertà assoluta) nella quale si trovano ben 5,6 milioni di persone, quindi il 9,4% dell’intera popolazione residente. 

La rilevazione, riferita al 2020, mette altresì in rilievo il significativo aumento delle persone in tale condizione rispetto al 2019 (7,7% della popolazione) consistente in oltre 1 milione di soggetti. L’ISTAT segnala anche che l’aggravamento del fenomeno ha riguardato in particolare il Nord Italia (dal 6,8% al 9,4% della popolazione); pur avendo il Mezzogiorno le incidenze maggiori di povertà l’aumento 2019-2020 è stato meno elevato (dal 10,1% all’11,1%), mentre nel Centro Italia si è passati dal 5,6% nel 2019 al 6,7% della popolazione residente nel 2020.

La gravità di tale situazione era già stata anticipata dalla Caritas italiana nel Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia pubblicato nel novembre dello scorso anno che indicava i disoccupati, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori precari e a part-time, i giovani, le persone con basso livello di istruzione, le donne, le persone con carriere frammentate e le famiglie monogenitore, quelle con maggior numero di componenti; presenti in particolare nel Mezzogiorno le categorie dei soggetti maggiormente in difficoltà esistenziale, tra queste la componente immigrata risulta ancor più coinvolta in tale difficoltà.  

Sulle dimensioni della grave povertà in Italia ha recentemente contribuito l’Osservatorio sulla povertà sanitaria (OPSaN), organo di ricerca del Banco Farmaceutico, mediante un Rapporto pubblicato nel dicembre dello scorso anno, esito di una rilevazione avvenuta attraverso la rete dei 1.859 enti assistenziali convenzionati con il Banco, che ha messo in evidenza come nel 2020, ben “434 mila persone povere non hanno potuto acquistare i medicinali di cui avevano bisogno per ragioni economiche”, farmaci riguardanti soprattutto “il tratto alimentare, il sistema nervoso, le malattie metaboliche, il sistema muscolo-scheletrico e l’apparato respiratorio, ma non solo anche con riferimento ai presidi medici e agli integratori alimentari”. 
Il Rapporto restituisce un quadro assai pesante. Mediamente, mentre le persone non povere hanno una capacità di spesa pro-capite mensile per le cure mediche di 65 euro, le persone povere possono spendere solo 10,15 euro, meno di 1/5 dei non poveri. Le persone non povere, inoltre, possono spendere, in medicinali, 28,18 euro, contro soli 6,38 euro mensili di chi versa in stato di indigenza.    
Sul tema della disuguaglianza, non solo sanitaria, il Rapporto Caritas sottolineava che “La pandemia da Covid -19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze, più ampie di quelle esistenti al momento della crisi del 2008-2009 e il pericolo che sembra profilarsi oggi è proprio quello di una nuova e ancor più grave divaricazione della forbice sociale”.

Tale dichiarazione porta a sottolineare la stretta connessione esistente tra povertà e disuguaglianza, come ha messo ben in evidenza il Report dedicato alla situazione delle disuguaglianze economiche e sociali in Italia all’epoca del COVID-19 del gennaio scorso, predisposto dall’organizzazione Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief).[1]
Afferma Oxfam: “La pandemia da coronavirus si è abbattuta su un’Italia profondamente disuguale. Le stime pre-crisi, che si arrestano per il momento alla fine del primo semestre del 2019, fotografano ampi squilibri nella distribuzione della ricchezza netta nazionale, acuitisi a partire dall’inizio del nuovo millennio.

Alla fine del mese di giugno 2019 la distribuzione della ricchezza nazionale netta vedeva il 20% più ricco degli italiani detenere quasi il 70% della ricchezza nazionale, il successivo 20% (quarto quintile) essere titolare del 16,9% della ricchezza, lasciando al 60% più povero dei nostri concittadini appena il 13,3% della ricchezza nazionale. Il top-10% (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possedeva oltre 6 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione. Confrontando il vertice della piramide della ricchezza con i decili più poveri della popolazione italiana, il risultato appariva ancora più sconfortante. La ricchezza del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41% della ricchezza nazionale netta) era superiore a tutta la ricchezza detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che deteneva a fine giugno 2019 il 22% della ricchezza nazionale) valeva 17 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione italiana.

Riprendendo due indagini qualitative della Banca d’Italia condotte nel corso del 2020, la ricerca Oxfam sottolinea come in seguito al primo lockdown metà delle famiglie italiane dichiarava di aver subito una contrazione del proprio reddito, e il 15% di aver visto dimezzarsi le proprie entrate, con solo il 20% dei lavoratori autonomi che non aveva subito contraccolpi. A fine estate nel 20% delle famiglie con figli minori di 14 anni uno o tutti e due i genitori avevano ridotto l’orario lavorativo o rinunciato al lavoro per accudirli. Mentre il 30% dichiarava di non disporre di risorse sufficienti per far fronte a spese essenziali nemmeno per un mese, in assenza di altre entrate. 

Per qualcuno la crisi non è mai arrivata: dall’inizio della pandemia la ricchezza di 36 miliardari italiani della “Lista Forbes” (Rivista statunitense che ogni anno pubblica una lista delle persone più ricche del mondo) è aumentata di oltre 45,7 miliardi di euro, pari a 7.500 euro per ognuno dei 6 milioni più poveri dei nostri connazionali. 

Solo un’incisiva azione di contrasto alle cause strutturali delle disuguaglianze (stante i caratteri plurali ─ non solo economico – con cui tale fenomeno si esprime) e della povertà, con riferimento particolare alla sua dimensione estrema, può portare a una modifica di tale oscuro scenario che sicuramente continuerà a essere assai cupo anche superata la pandemia. Questo significa affrontare per davvero i temi emergenziali connessi al lavoro, ai processi educativi e formativi, ai sistemi fiscali, alla mobilità intergenerazionale, all’ammodernamento dei sistemi di protezione dei redditi, al potenziamento delle risposte del welfare locale e nazionale. È questa una sfida per la Politica e per coloro che hanno responsabilità di governo ai diversi livelli, sfida che finora non pare sia stata un granché raccolta.


Note

 [1] Sul tema della disuguaglianza Esodo ha pubblicato il n. 3/2019 della rivista.