Rassegna stampa a cura della Redazione
Condividiamo pienamente il comunicato del Segretariato attività ecumeniche (SAE) pubblicato il 1 febbraio 2021 “quello della Shoah e quello dell’attuale drammatica situazione dei migranti nell’area balcanica sono fenomeni storici diversi e imparagonabili. Vi è però un’analogia. Una domanda che noi poniamo a coloro che vivevano nella prima metà degli anni quaranta, in futuro sarà posta probabilmente anche a noi: voi cosa facevate? L’impasto tra indifferenza e senso di impotenza che contraddistingue l’animo di molti fu di allora ed è di ora, con l’aggravante che noi, adesso, conosciamo esattamente quanto sta succedendo”.
(...) “ in un’Europa che continua a erigere muri senza trovare chi accompagna la denuncia con la pratica dell’aiuto" occorre dire «Perché non possiamo più dirci cristiani».
Continuiamo a documentare la situazione (Vedi L'orrore alle porte dell'Europa. L'odissea degli ultimi) attraverso le inchieste sul campo di Nello Scavo pubblicate in Avvenire.
Invitiamo a leggere questi articoli completamente: nessuno può dire non sapevo. Nello Scavo insiste nel distinguere la prioritaria questione del rispetto dei diritti umani universali da quella dei flussi migratori. Le specifiche, complesse problematiche della gestione dei flussi non possono essere alibi per violare i diritti fissati dagli accordi e dalle leggi internazionali. Le politiche, di diverso orientamento, si sono “dimenticate” di questo principio e finanziano esponenti politici, polizie, emissari delle tribù, signori della guerra e capimafia che compiono orribili atrocità in Libia e nella rotta Balcanica e hanno mano libera nei traffici illeciti, dal commercio di esseri umani, di petrolio, di armi e droga. Il dramma dei rifugiati, respinti dall’Europa, deriva da situazioni create dall’occidente: quella definita da papa Francesco come la terza guerra mondiale a pezzi; il postcolonialismo gestito ancora per interessi nazionali; le questioni irrisolte e lasciate aggravate nei Balcani come in Medio oriente per i giochi della geopolitica delle grandi potenze; la lunga guerra in Afghanistan contro i Talebani, con i quali ora gli Usa stanno facendo accordi “di pace”, ha prodotto 3 milioni di rifugiati che non potranno rientrare nel proprio Paese in cui torna il regime della Sharia.
Balcani, continua la gelida vergogna, inviato a Maljevac (Croazia) domenica 17 gennaio 2021. A Lubiana la Corte amministrativa ha condannato l’accordo di riammissione tra Slovenia e Croazia, dove vengono riaccompagnate le persone, anche richiedenti asilo, intercettate dalle forze dell’ordine nel Paese. Per il giudice si tratta di espulsioni collettive illegali, specie quando lo straniero manifesta l’intenzione di chiedere protezione internazionale. Forse presagendo i verdetti della magistratura, Lubiana sta correndo ai ripari, accelerando sulla costruzione di una barriera metallica che bloccherà vari passaggi, per un totale di 40 chilometri. A ottobre era stato un giudice croato di Karlovac ad assolvere una mezza dozzina di richiedenti asilo afgani entrati illegalmente nel Paese. Nonostante il pronunciamento, il gruppo sparì dalla Croazia per riapparire un paio di giorni in Bosnia, piuttosto malconci, ugualmente riaccompagnati oltre confine dalla polizia, con l’uso di armi a scopo intimidatorio e offensivo. Frequentemente, denunciano organizzazioni umanitarie e medici nei campi profughi, vengono utilizzate anche unità cinofile e non di rado le ferite riportate dai migranti respinti sono compatibili con il morso dei cani. Le operazioni di allontanamento spesso avvengono nella piena consapevolezza di Frontex, l’agenzia Ue per la protezione dei confini esterni. L’Ufficio europeo antifrode (Olaf) ha aperto un'indagine amministrativa e il 7 dicembre, si è appreso ieri, ispettori di Bruxelles hanno anche perquisito l’ufficio del direttore Fabrice Leggeri e del suo vice. L’inchiesta è partita dopo diverse denunce sui respingimenti operati in Grecia, sia sulla frontiera terrestre che nel mare Egeo verso la Turchia, che hanno visto impegnati anche ufficiali dell’Ue. Il crescente potere dell’agenzia e del suo direttore da tempo è motivo di preoccupazione anche politica. Le risorse comunitarie destinate a Frontex sono passate dai 6,3 milioni di euro nel 2005 a 333 milioni nel 2019 e nei prossimi anni potrebbero superare il mezzo miliardo. Sul comportamento di Frontex stanno indagando, inoltre, almeno due procure italiane che hanno acquisito atti relativi ad alcune stragi di migranti nel Canale di Sicilia. A rincarare le accuse è arrivato ieri il dossier di “Rivolti ai Balcani”, la rete di organizzazioni italiane che monitora cosa accade sui nostri confini. I ricercatori hanno utilizzato tra i riferimenti il dossier sull’immigrazione della Migrantes, l’organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana secondo cui a causa dei «processi di esternalizzazione l’Europa unita ha trovato il modo, costoso, di spostare il problema dei migranti sulle spalle di Paesi che – si legge nel report – si trovano in difficili transizioni democratiche, credendo così di poter nascondere la polvere sotto il letto». Il nostro Paese ha “riammesso” in Slovenia 1.240 persone, a loro volta respinte a catena fino al territorio bosniaco. Secondo le dichiarazioni rese dallo stesso ministero dell’Interno italiano tali riammissioni vengono effettuate anche nei confronti di coloro che hanno manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale». Quindi illegalmente.
Libia, altri respingimenti Onu: «Torture sui migranti» 5 febbraio 2021. Il rapporto del segretario generale Guterrez smentisce che vi sia stato un miglioramento nelle condizioni di «migranti e rifugiati, comprese donne e bambini, che hanno continuato a essere regolarmente sottoposti a discriminazione, arresto, detenzione arbitraria, tortura». Un messaggio chiaro per quanti, Italia in primis, continuano a cooperare nelle attività di cattura in mare.
Un nuovo report Onu accusa: « Torture, sparizioni forzate e violenza sessuale 6 febbraio 2021. La gran parte delle milizie libiche è coinvolta nel traffico di esseri umani, petrolio, armi e droga e costituisce una forza marittima “alternativa” alla cosiddetta Guardia costiera libica, offrendo all’Italia maggiori garanzie, soprattutto dopo che gran parte delle motovedette donate da Roma sono passate sotto il controllo della Turchia. Sono boss del traffico di esseri umani che mettono in acqua numerosi barconi.
Appena pochi giorni fa il segretario ONU Antonio Guterres ha firmato un nuovo rapporto sulle terribili condizioni dei diritti umani nel Paese. Nel dossier vengono ancora una volta menzionate la «tortura, la privazione di cibo e dell’assistenza sanitaria», oltre a «sparizioni forzate e violenza sessuale» nei centri di detenzione gestiti direttamente dalla “Direzione per la lotta alla migrazione illegale”. Eppure Paesi come l’Italia, che potrebbero presto riconfermare stanziamenti e cooperazione antimmigrazione, sostengono che a Tripoli ci siano segni di cambiamento. Al contrario, «il numero di persone trattenute in detenzione nei centri per migranti – scrive Guterres – è aumentato» a causa di più operazioni in mare. Nel 2020, più di 11.900 migranti e rifugiati sono stati intercettati e fatti sbarcare in Libia (erano state 9.200 nel 2019). Superstiti ai naufragi sono «spesso trasferiti in modo arbitrario in centri di detenzione abusivi, mentre altri sono scomparsi del tutto».
«Libia Paese in guerra. La situazione è grave» 9 febbraio 2021. Per le forze armate del nostro Paese la Libia è un paese in guerra. Secondo il diritto internazionale, dunque, nessun naufrago dovrebbe esservi riportato. Tuttavia le autorità marittime di Roma continuano a suggerire alle navi di soccorso di rivolgersi, dopo aver compiuto i salvataggi, proprio alla cosiddetta guardia costiera libica. Le registrazioni audio, i cui passaggi salienti possono essere ascoltati su avvenire.it, confermano tutta l’ambiguità delle decisioni politiche sul Mediterraneo Centrale. Già il 18 aprile 2019 Avvenire aveva pubblicato alcune registrazioni nelle comunicazioni interne tra Italia e Tripoli che svelavano una serie di anomalie, con la centrale dei soccorsi di Roma che sembrava coordinare gli interventi delle motovedette libiche.
Inviato a Nepeke (Bosnia) mercoledì 17 febbraio 2021. Nel solo cantone di Unchi-Sana ci sono 500 minori non accompagnati, insieme a circa 450 bambini con le loro famiglie. Per arrivare al villaggio di cellophane e neve bisogna arrampicarsi su un pendio di ghiacci. La gente di Nepeke non aveva mai fatto mancare una scodella di zuppa né il latte caldo per i bambini Ma ora i dannati della rotta balcanica non sono più i benvenuti. I profughi hanno appreso che è meglio trovare un modo per farsi accettare. Meglio se pagando. Nei giorni scorsi, come documenta un video girato da alcuni migranti ricacciati indietro, ci sono stati degli incendi appiccati per costringere i respinti, dopo ore di marcia di rientro dalla frontiera, a cercare rifugio altrove. Le famiglie con bambini sono costrette a percorrere chilometri a ritroso tra i boschi e, spesso, di accamparsi nella foresta in attesa di poter raggiungere un luogo meno inospitale. «Ci chiedono tre euro per 10 minuti di doccia tiepida», è il prezzo per non venire indicati alla polizia. Tante le prove delle torture e forme di violenze anche a bambini piccoli. Tra le campagne sottozero gli operatori di Save The Children vanno alla ricerca dei «bambini sperduti».