di Carlo Rubini
Solo la storia che verrà dirà se la linea “pastorale” di Papa Francesco e il suo neo-umanesimo saranno la chiave per dare un futuro alla Chiesa Cattolica e al Cristianesimo come professione di fede all’interno della Chiesa stessa. Insistendo sul neo-umanesimo Papa Francesco non mette in atto una rimozione dei contenuti della fede, ma sposta più in là quei contenuti. Ponendoli sul piano dell’etica e rendendo così impliciti i contenuti della fede cristiana.
Da quei contenuti di fede, secondo Papa Francesco, non può che derivare un nuovo umanesimo ed è quello il banco di prova, l’epifania della fede. Demandando alla ricerca interiore di ogni individuo la plausibilità della fede con la storia e con la costruzione complessiva del mondo?
A me pare di sì, che sia conseguente questa risoluzione. Il futuro del Cristianesimo in quanto fede cristiana si gioca sulla prassi, che per il cristiano avviene sul piano della condivisione in un ambito di comunità.
E' un alibi anche per noi per non affrontare i nodi dei contenuti ultimi della fede?
Per quanto questo sia un campo più interiore e intimo di ciascuno, un’elaborazione personale di cui nessuno ha il diritto di chiederci conto, tra la prassi neoumanistica e quei contenuti c’è un nesso nascosto che si manifesta solo se non si opera una riduzione semplicistica di quella prassi.
Mi permetto allora di suggerire quali potrebbero essere alcuni di questi contenuti etico-pragmatici del Cristianesimo, la loro possibile elevazione da una lettura riduttivistica, quelli che ho percepito come centrali nella mia personalissima e, aggiungo, poco confrontata ricerca.
A me pare che nella Bibbia emerga con una certa costanza l’elemento di fondo della grande dignità di quello che per i cristiani è il Creato e per tutti gli altri è l’universo vivente e non vivente (qui per inciso si inserisce tutta la sensibilità di un’enciclica come la Laudato si').
E all’interno del creato/universo ‘degno’, c’è la dignità umana.
Qualcuno nel passato mi aveva fatto notare che l’idea di dignità umana si ha a cominciare dall’Antico Testamento nel Genesi quando si parla del riposo al Sabato per tutti, ristabilendo una parità di dignità con quei pochi che si potevano permettere di non lavorare. E’ il riscatto dello schiavo obbligato a lavorare sempre. Può essere, l’ipotesi è suggestiva e forse merita un approfondimento che non sono in grado di fare.
Poi la dignità umana torna nel Nuovo Testamento con i numerosi riferimenti al riscatto degli ultimi e degli afflitti.
Io credo tuttavia che il messaggio del riscatto della dignità umana nel Cristianesimo non comporti gerarchie e che la sua novità dirompente stia proprio qui. La dignità per tutti gli umani su un piano di parità. Gli ultimi, gli scartati, gli afflitti non sono una categoria sociologica, ma una categoria esistenziale perché a tutti, ricchi e poveri, capita di trovarsi in questa condizione. Anzi sbaglio a dire “capita di”. Tutti, coscienti o meno di esserlo, sono in quella condizione. Qui, sulla scorta delle sottolineature fatte dalla teologia femminile, si inserisce anche il riferimento al modo rivoluzionario e potenzialmente scandaloso di come Gesù si rivolge alle donne e alla considerazione che lui tiene per loro. Qualcosa che trascende il genere femminile e che diventa la metafora di chi è senza potere, impotente. Un’azione sovversiva. Allora.
La dignità umana quindi è una categoria trasversale e fa difficoltà ad essere ingabbiata entro schemi sociologici. E solo se si riesce a superare la contingenza storica si è in grado di collegarla con i contenuti della fede. Il neoumanesimo etico pragmatico che guarda ad una vita, ad un’esistenza ‘degna’, mi pare in questo senso stia a rappresentare quel contenuto implicito della fede cristiana in cui si riscatta il massimo dell’impotenza e dell’annullamento che è la morte. Personalmente continuo a leggere la Resurrezione elevandola oltre la contingenza storica di un fatto realmente accaduto, un evento miracolistico. Mi interessa ciò che simboleggiala la narrazione della morte e della Resurrezione, a prescindere dalla sua fondatezza reale che trovo ininfluente.
Per concludere mi ritaglio un’ultima considerazione sulla lunga vita del messaggio cristiano di riscatto della dignità umana, aggiungendo che non è pensiero mio, ma appartiene a qualcosa di già acquisito nella storia del pensiero e che tuttavia si tende a rimuovere per pregiudizio ideologico.
Ed è questo. Per quanto apparentemente lontani (solo apparentemente), nell’idea di una dignità umana globale c’è un filo rosso che lega il Cristianesimo alla modernità del pensiero illuminista; e forse non casualmente la luce che brilla nelle tenebre ricompare a illuminare il percorso del riscatto. Gli uomini sono tutti degni in quanto immagine di Dio come lo è il cittadino di fronte alla legge che lo tutela e ne tutela il diritto ad esistere in dignità.
C’è in tutto ciò anche un paradosso storico. La Chiesa che nel tempo aveva oscurato il significato profondo del riscatto della dignità umana, il quale avrebbe dovuto essere suo fondativo, con Papa Francesco lo riacquisisce non in proprio ma mutuandolo dal pensiero della modernità. Una doverosa restituzione, senza la quale, prima ancora di Papa Francesco, non ci sarebbero state, le teologie del Concilio, le teologie liberanti e, sperando di non essere equivocato, non ci sarebbe stata la stessa teologia femminista.