di Yahya Pallavicini, imam, e vicepresidente di Coreis (Comunità religiosa islamica italiana), in Avvenire del 26 ottobre 2023
La comunità religiosa islamica italiana ringrazia papa Francesco per il richiamo spirituale universale che riconosce nell’invito al digiuno rivolto ai cristiani per la pace in Terra Santa. Nell’Islam il digiuno assume il significato di astensione da sé stessi e purificazione dal male a patto che sia compiuto con un’intenzione chiara rivolta all’incontro con il proprio Signore. Come musulmani italiani assistiamo alle conseguenze della violenza in Israele e dei bombardamenti militari a Gaza: odio, rapimenti, omicidi, distruzione, feriti e morti. La speculazione sul numero dei defunti si accompagna alle analisi politiche e morali sull’attribuzione della colpa e sull’ideale di legittimità o di sicurezza nazionale.
La propaganda di guerriglia e di guerra esaspera gli animi affossando ogni ragione e sentimento. Con quale intenzione devono digiunare i credenti nel Dio Unico che dona la vita e la scienza sacra dell’intelletto? Con l’intenzione rivolta al bene della verità e non al male della menzogna! Digiunare affinché prevalga la ricerca della pace e non la forza della guerra o del terrorismo. Digiunare affinché prevalga la giustizia e non i trucchi della furbizia e della disonestà su accordi e diritti internazionali.
Digiunare affinché prevalgano i valori della vita e non i vizi dell’arroganza e della prevaricazione. Che i civili e i credenti ebrei, cristiani e musulmani digiunino, si astengano, da ogni contrapposizione, rivendicazione e ritorsione, da ogni strumentalizzazione patriottica o confessionale, da ogni polarizzazione e generalizzazione giustizialista e vittimista.
Si digiuni per scoprire la presenza spirituale del divino in noi e in ogni altra persona e per purificare le anacronistiche “ragioni assolute” che, con la presunta intenzione di condannare ogni abuso, in realtà violano ovunque la dignità umana e usurpano molte regioni della terra. La finalità di un digiuno con queste intenzioni avrebbe almeno la qualità di ridimensionare e gerarchizzare le priorità e le proporzioni rispetto allo scatenamento di bassi istinti e orrende immagini in una lotta continua tra gente privata di fede e ragione, timore e rispetto di Dio.
In questi giorni un saggio rabbino di Milano ci insegnava che i due figli di Isacco, Esaù e Giacobbe, non hanno barattato la primogenitura per un piatto di lenticchie. Il simbolismo più profondo di questa narrazione risale, secondo l’insegnamento rabbinico, all’assistenza di Giacobbe per l’onore nel lutto di Isacco per la morte del padre Abramo e, parallelamente, al timore del valoroso guerriero Esaù di perdere la dignità della funzione di sacerdote per aver commesso un omicidio.
In Terra Santa, come in Occidente e in Oriente, la funzione di sacerdoti, religiosi, credenti, fedeli e timorati nell’amore di Dio è quella di continuare a partecipare all’eredità dei nobili figli e nipoti di Abramo nell’onorare un servizio per la sacralità e la santità della vita. Digiuniamo anche per questo. In gioco non c’è solo la pace in terra ma l’identità della funzione universale di una vocazione spirituale rispetto a quella regale, troppo spesso confusa con la politica di un partito di governo o con una milizia di tiranni che, a loro volta, si fanno scudo di militari e guerrieri per imporre il caos e provocare uno scontro di barbarie. Digiunare e pregare nel nome di Dio e non uccidere. Digiunare e pregare per sopravvivere.