di Carlo Bolpin
Nei quotidiani più qualificati trovate i titoli accademici, i molti saggi scritti e la loro importanza per la storia dell’economia, le Università italiane e straniere in cui ha insegnato Gianni Toniolo. Gli articoli si possono leggere cercando su Google.
Io penso ai colloqui rimasti in sospeso e agli appuntamenti previsti che non potremo più avere, almeno in questa vita. Mi rimangono il dolore e il silenzio. Tristezza e rimpianto per non aver risposto al suo ultimo messaggio in ottobre e quindi non aver avuto la sua risposta, mai ovvia e sempre con un ragionamento mai giudicante anche se netto, senza sconto. Come mi ha scritto “dobbiamo tutti stare in guardia contro l'assolutizzarle e il pensare che le nostre siano ‘giuste’ e quelle dell'altro ‘sbagliate’. Ci proviamo. D'altronde parliamo sempre di "atteggiamento d'ascolto".
Preferiva ascoltare e comprendere piuttosto che contrapporre le proprie posizioni. Gentilezza ed eleganza, disponibilità e rigore, hanno caratterizzato l’insieme del suo comportamento, nelle relazioni, nel parlare e nello scrivere.
Ho conosciuto Gianni ai tempi dell’Università a metà degli anni ’60 del secolo scorso, nella FUCI di Venezia, in cui svolgeva da subito il ruolo dell’intellettuale, del docente. Io balbettavo e cercavo di imparare. Tentavo di introdurre le mie inquietudini esistenziali che, come dicono altri miei amici, sono sempre le stesse, anche ora. Ma sono proprie queste che da ormai parecchi anni ci hanno fatto incontrare di nuovo. Io continuo a balbettare ancor più di allora e continuo a porre sempre più domande. E forse questo ha interessato Gianni al percorso di “Esodo”. Forse era la nostra distinzione fondamentale tra la ricerca sempre da riproporre, mai scontata e chiusa in dottrine, sul significato del Vangelo oggi nell’esistenza personale e comunitaria, sulla domanda di Gesù “chi dite che io sia?” e le dottrine politiche e sociali “cattoliche”, di qualsiasi diverso e opposto stampo, inadeguate ad affrontare la complessità e contraddittorietà dei processi economici e sociali.
Significative mi sembrano queste frasi, anche fuori dell’intero testo. “Ti devo anche una risposta al tuo pensiero su Gesù Cristo. Sono pensieri spirituali/esistenziali sui quali dovremmo concentrarci. Ho domande enormi che rendono difficile credere: il tuo modo di vedere le supera. Ne parleremo di sicuro”.
“Le domande su chi è Cristo e che cosa comporti per la mia vita sono centrali anche per me, pur nella difficoltà di trovare risposte intellettualmente soddisfacenti ed esistenzialmente adeguate. So però che perderei la strada se ne cercassi la risposta sul piano sociale e politico. Forse anche etico”.
Nonostante la mia insistenza non ha mai voluto pubblicare in “Esodo” quanto mi inviava che, diceva, era “approssimativo” e perché, soprattutto, lo riteneva in contrasto con quelle posizioni che riteneva prevalenti nella rivista e in una certa cultura cattolica definita troppo “negativa”.
Ricordo che una sua forte preoccupazione era di non trasmettere, in particolare ai giovani, ai suoi studenti, quello che chiamava “il pessimismo non mitigato di tanti cattolici”, ma di aiutare a comprendere razionalmente accanto ai fattori negativi quelli positivi capaci di muovere competenze, intelligenze, energie per migliorare il presente.
“Mi pare che chi, in ciascuna epoca storica, voglia lavorare per il progresso umano possa solo farlo sulla base di due pilastri: l’analisi di quanto di negativo ci consegna la storia e la ricerca degli aspetti positivi sui quali basare la costruzione di un mondo migliore. Mi pare anche che questo lavoro non possa prescindere da un’attenzione alla storia, se si vuole da una visione capace di apprezzare le dinamiche positive, pur sempre parziali e contradditorie. Sono da compiangere le persone che non hanno una propria utopia, ma sono inefficaci quelle che pensano che solo la sua realizzazione giustifichi il pensiero e l’azione nella costruzione di un ‘bene comune’, comunque definito”.