Pubblichiamo questo articolo di Marie-Jo Thiel tratto da Adista Documenti n° 37 del 29/10/2022
Le prassi delle Chiese sono conformi ai diritti umani? La risposta a questa domanda oggi può sembrare un ovvio "sì". La libertà religiosa, a lungo denigrata, è stata finalmente riconosciuta al Concilio Vaticano II con la dichiarazione Dignitatis humanae (1965). E il silenzio che è prevalso dopo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1) (UDHR) del 1948 e le varie formulazioni istituzionali che ne sono seguite, è finito con Giovanni XXIII, e poi con i papi successivi. Inoltre, il magistero ha così, “grosso modo”, non solo approvato questi diritti umani, ma ne ha rilevato la consonanza con il dato della rivelazione cristiana, e non ha esitato a metterli al servizio delle esortazioni pontificie. I papi denunciano così l'oppressione dei popoli, le violazioni della dignità umana, le discriminazioni in nome della razza o della religione, ecc.
Tuttavia, non è assente un’ambiguità. Quando i papi si esprimono esplicitamente sui diritti umani fondamentali, affrontano gli inadempimenti da parte delle società, ma che dire di quelli dei quali il magistero della Chiesa potrebbe essere responsabile, in particolare attraverso il suo apparato istituzionale? Eppure è in nome dei diritti umani che oggi si levano sempre più voci all’interno e all’esterno della Chiesa, per denunciare le gravi e talvolta criminali deviazioni per le quali il magistero della Chiesa e i suoi leader sono imputati direttamente o indirettamente.
Il presente contributo si propone sia di fare luce sul cambiamento di rotta avvenuto negli anni '60, sia di esaminare alcune prassi ecclesiali riguardanti i diritti umani. A rigore, questa riflessione dovrebbe iniziare con l'interpretazione normativa di una natura umana universale che assume i diritti umani (2) – in modo variabile da un papa all'altro – e che non manca di suscitare interrogativi quando si tratta di interpretare una "legge naturale" imposta a tutti. Infatti, se è una legge accessibile alla ragione, la sua interpretazione non dovrebbe essere legata solo al magistero. Ma quest’ultimo la fa dipendere dalla Rivelazione, con una duplice conseguenza: il magistero è in ultima analisi l'unico giusto interprete di questa legge e quindi dei diritti umani; e a questo scopo elabora una costruzione "teologica" a cui solo i credenti possono aderire e che è, inoltre, in gran parte di tipo “sofismo naturalista”. Tuttavia, «la morale naturale del naturalismo è l'antitesi di una moralità naturale basata sulla ragione e ancor più su una ragione illuminata dalla fede» (3). Allora, alcune delle norme che regolano, ad esempio, il trattamento delle minoranze sessuali e di genere, non contravvengono al rispetto dei diritti umani? Poiché Marianne Heimbach-Steins tratta questo argomento nel suo contributo, noi non lo approfondiremo in questa sede, ma ci concentreremo sulla gestione degli abusi sessuali e di potere in quanto inficiata da molte violazioni dei diritti umani; gli abusi stessi appaiono legati, almeno in parte, a questa egemonia interpretativa nel momento in cui non si lasciano mettere in discussione dall’insieme del popolo di Dio (sensus fidei/fidelium).
In effetti, le violazioni dei diritti umani per le minoranze sessuali e di genere, nonché gli abusi sessuali e di potere (e altre aree non menzionate in questa sede) sono in gran parte radicate nell'organizzazione, nel governo e nel funzionamento sistemico della Chiesa, portato alla luce dalla crisi degli abusi (4).
La Chiesa cattolica e i diritti umani
Pur basandosi sulla dottrina sociale della Chiesa a partire da Leone XIII (Rerum novarum, 1891), Giovanni XXIII ha fondato la sua enciclica Pacem in terris sui diritti fondamentali e universali (§ 38-45). Tutti i suoi successori riprenderanno le sue prospettive per denunciare quelle che considerano come violazioni e derive che, scrivono, indeboliscono sia la persona umana che le società. Segnano così una nuova tappa dopo secoli durante i quali la Chiesa, pur contribuendo al riconoscimento della dignità della persona umana per esempio, si è gravemente compromessa: inquisizione, antisemitismo, schiavitù, le severe condanne della libertà di coscienza da parte dei papi da Pio VI a Pio IX, poi ribadite nell'enciclica Mirari vos (1832) di Gregorio XVI, e riprese dal Sillabo (1864) nelle sue proposizioni 15, 78 e 79.
Gli anni '60 segnano quindi una svolta. Gaudium et spes ne è la formalizzazione: «Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque» (§ 41-3). Ma il riconoscimento dei diritti umani è tradotto in pratiche? Non c'è dubbio che lo spirito di questi diritti ispiri la pratica quotidiana della Chiesa. Tuttavia, le deviazioni dai diritti umani menzionate dal magistero attraverso il discorso dei papi non sono riferite all'istituzione della Chiesa in quanto tale. Con la sua denuncia, fin dall'inizio, degli abusi sessuali, di potere, di coscienza..., papa Francesco evoca effettivamente violazioni dei diritti umani, ma non li cita in riferimento a questa categoria. La Lettera al popolo di Dio (20 agosto 2018) e la Lettera al popolo di Dio in Cile (31 maggio 2018) non menzionano mai la trasgressione di un diritto umano e non argomentano a partire da questo riferimento. Inoltre, la violazione della dignità umana, così frequentemente invocata nei testi ufficiali, non è menzionata nella Lettera al Popolo di Dio, e nella Lettera al Cile non si parla di chierici o di vescovi, ma solo in maniera molto generale per chiedere «un cambiamento in tutto ciò che minaccia l'integrità e dignità di ogni persona» (n. 2, corsivo aggiunto).
Al giorno d'oggi, è in nome dei diritti umani che si levano sempre più voci per denunciare deviazioni gravi e a volte criminali, per le quali il magistero della Chiesa e i suoi funzionari sono direttamente o indirettamente responsabili. È come se questo ricorso ai diritti umani fosse per molti nostri contemporanei, credenti o meno, il solo modo per far capire che quelli che considerano abusi ecclesiali non sono sufficientemente diagnosticati e trattati nella Chiesa, quando non smentiti o negati del tutto.
Il rapporto CIASE (5) presieduto da Jean-Marc Sauvé ce lo ha appena ricordato.
«Non vivendo nel confinamento (condizionamento?) e nell’autoreferenzialità clericale», scrive Jean-Louis Schlegel, «i laici sono più sensibili alla "forza della legge" che alla legge della forza (sia essa ecclesiale o spirituale), alla giustizia civile (qualunque sia il costo per la reputazione e per la vanità dell'istituzione), al risarcimento delle vittime (qualunque sia il prezzo da pagare)» (6).
Per i chierici, è difficile denunciare le violazioni dei diritti umani quando sono essi stessi parte del sistema di potere che li genera.
Eccesso di potere e violazioni dei diritti umani
Alcune mancanze dell'istituzione ecclesiastica devono essere riconosciute proprio in nome della teologia cristiana. Si può essere infastiditi da questa colpevolizzazione e dirsi che c’è di meglio da fare. Cionondimeno, e la stessa Chiesa ce lo ricorda regolarmente: un cristiano deve osare fare verità e non può chiudere gli occhi di fronte a coloro, donne e uomini, i cui diritti sono violati, soprattutto dal funzionamento della Chiesa stessa. Fare verità non significa danneggiare la Chiesa; significa, al contrario, consentirle di essere credibile nel dialogo che vuole stabilire con le società di oggi e di domani.
Per fare questo, il magistero della Chiesa deve iniziare ad ascoltare il grido delle donne e degli uomini che le dicono che i loro diritti umani vengono violati quando sono vittime di abusi di potere e di coscienza, finanziari e di fiducia, di abusi sessuali e spirituali... quando vengono discriminati perché sono laici, donne, non ordinati, ecc. Ascoltare questa sofferenza senza giudicarla a priori come inappropriata (7), non è forse quell'uscita della Chiesa da se stessa, cui papa Francesco ci chiama, per raggiungere il gregge là dove si trova, per ascoltare ciò che vive come un attentato alla propria umanità? E allo stesso tempo, decentrarsi dal suo centro di potere per osservare ciò che, in particolare nella sua strutturazione e governance, può causare violazioni dei diritti umani? Perché queste ferite di umanità sono forse segni di una cattiva interpretazione del Vangelo, di un errore di orientamento dovuto al fascino del potere, del sacro, dell'ordine, di un'universalità intesa come centralizzazione...
Se molti punti meritano di essere discussi in questa sede, le questioni etiche relative alla non separazione dei poteri appaiono particolarmente cruciali.
La non separazione dei poteri nella Chiesa cattolica
Montesquieu diceva: «Affinché non si abusi del potere, è necessario che, per disposizione delle cose, il potere arresti il potere». La separazione dei poteri è un corollario ineludibile dei diritti umani.
Eppure, nella Chiesa cattolica, la struttura di governo rimane ancora oggi monarchica, autoritaria, clericale, gerarchica e patriarcale (8). Essa concentra tutti i poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) a vantaggio del singolo uomo maschio, ordinato e sacralizzato (separato), creando così una società gerarchica a più classi. Mentre l'articolo 1 dell'UDHR afferma che «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» (e l'art. 2 va nella stessa direzione), mentre la fede cristiana stessa afferma l'uguaglianza battesimale di tutti (uomini e donne, ordinati o meno), l'uguale dignità di tutti gli esseri umani creati a immagine di Dio, la struttura istituzionale cattolica è invece costruita su una disuguaglianza ontologica e di diritto segnata dalla superiorità del chierico acquisita con l’ordinazione; dalla superiorità dei vescovi, che sono i soli a possedere la pienezza (9) del sacramento dell'Ordine, ponendoli così al di sopra dei parroci che devono loro obbedienza; dalla differenza tra uomini e donne che giustifica l’accesso all’ordinazione sacerdotale solo dei primi. Sono tutte disuguaglianze istituzionalizzate che potenzialmente portano all'abuso di potere (10), di coscienza, ad abusi spirituali, sessuali e finanziari.
Questo tipo di funzionamento monarchico, la cui pietra angolare è la superiorità ontologica del chierico, viene oggi analizzato come doppiamente problematico: sia dal punto di vista dei diritti umani sia da una prospettiva teologica. Porta infatti a violazioni di molti diritti umani, come:
- Art. 1 e 2 della UDHR: a causa della non uguaglianza tra uomo e donna (nonostante Gal 3,28), ma anche tra clero e laici;
- i suoi artt. 2 e 4 a causa della pressione sulle coscienze, sulle persone LGBT, sui teologi che dovrebbero prima di tutto essere sottomessi/docili al Magistero;
- Articoli da 7 a 11, che affermano che «tutte le persone sono uguali davanti alla legge » (art. 7), che «Ogni persona ha diritto, in piena uguaglianza, a un'equa e pubblica udienza da parte di un tribunale indipendente e imparziale» (art. 10): basti pensare agli ostacoli che si frappongono a tale processo per molti minori e donne adulte abusati da funzionari della Chiesa... E l'art. 6 della CEDU, su cui torneremo, stabilisce i prerequisiti di tale uguaglianza.
Lo scopo della separazione dei poteri e il rispetto dei diritti umani è di evitare il carattere totalitario, monolitico e autoritario della governance, attraverso la messa in atto di regolamenti che aprono spazi di libertà e di responsabilità in cui ogni uomo e ogni donna possano umanizzarsi in base alle loro capacità e desideri, e rispettando i diritti degli altri e della società in cui egli/ella evolve. L'esclaustrazione di Marie Ferréol illustra, se si dà credito alla stampa, come l'eccessiva concentrazione di potere possa violare i diritti umani più elementari.
L'esclaustrazione di Marie Ferréol per concentrazione indebita dei poteri
L'Istituto di domenicane a cui appartiene Marie Ferréol è in crisi da sette anni e una visita canonica è stata richiesta dal cardinale Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, all'amico Dom Nault, abate di Saint-Wandrille. Avviene a luglio 2020. All'inizio, tutto sembra andare "normalmente". Due settimane dopo, il cardinale Ouellet si prende addirittura una settimana di riposo nella comunità. In realtà, va soprattutto per incontrare Emilie d'Arvieu, alias Madre Marie de l'Assomption, che ha conosciuto dieci anni prima e che «ammira». E benché la riceva regolarmente a Roma, il cardinale parte persino da Roma il 13 dicembre 2019 per assistere alla discussione della sua tesi di dottorato...
Il 27 ottobre 2020, Dom Nault consegna le conclusioni della visita apostolica in un clima di pseudo-emergenza. Marie Ferréol, che non aveva mai ricevuto alcun avvertimento fino a quel momento, viene isolata dalle altre sorelle, informata del primo decreto di esclaustrazione (12) per aver «mentito e coperto» (ma riguardo a cosa? Nessuno lo sa) perché avrebbe «instillato un clima di sospetto e di paura» nella comunità. Cosa che è stata contestata dall'autrice nel suo diritto di replica. Soprattutto, ciò non giustificherebbe in ogni caso un'esclaustrazione dopo 34 anni di vita religiosa e ancora meno l'obbligo di lasciare immediatamente l'abbazia, senza la possibilità di salutare: perché un veicolo la sta aspettando e il decreto del cardinale stabilisce che non deve rivelare il luogo che le è stato assegnato (sic).
Un silenzio che preoccuperà le sue consorelle ma anche la sua famiglia, che presenta una denuncia...
Nel dicembre del 2020, l'avvocata Adeline Le Gouvello viene contattata da persone vicino all'istituto, perché assista Marie Ferréol in qualità di sua legale. In diverse occasioni chiede i motivi dell'accusa, ma questo viene esplicitamente rifiutato per motivi di «riservatezza» promessa alle sorelle che avrebbero parlato. Nel febbraio 2021, Marie Ferréol ha diritto a un consiglio canonico, ma i visitatori, assistiti dal loro avvocato Bertrand Olivier, le negano «la presenza di una avvocata non ecclesiastica e rifiutano di comunicare il loro mandato». Nessun documento, nessun dossier, nessun colloquio. Canonicamente, questo è un processo amministrativo e non penale, ma un processo non implica forse il rispetto dei diritti della difesa?
Di conseguenza, la convocazione è stata annullata dal cardinale Ouellet: sostenendo falsamente che Marie Ferréol si era rifiutata di incontrarli a Randol, emana un nuovo decreto che sostituisce l'esclaustrazione temporanea con un’espulsione definitiva, con il pretesto di non obbedienza (la persona interessata «non avrebbe mostrato alcun desiderio di intraprendere il cammino di conversione che la Chiesa le chiedeva»).
Viene presentato un appello al papa, ma l'espulsione viene confermata (13). Alla fine, qual è il ruolo di Marie de l'Assomption, che si opponeva fortemente a Marie Ferréol? Perché è un prefetto della Congregazione dei vescovi ad avere il sopravvento su questa ispezione, quando avrebbe dovuto essere affidato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, responsabile della supervisione degli istituti tradizionali, o anche alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica? Perché il cardinale affida la visita canonica a un amico? Questo non lo espone a un evidente conflitto di interesse?
Infine, perché la Chiesa non opta per una separazione dei poteri che lascerebbe più spazio alla legittimazione delle sue istanze, conformemente al sensus fidei/fidelium, cioè al senso della fede dei battezzati che svolgono ruoli diversificati al servizio dell'intera comunità di fede? La CIASE ne fa l'oggetto della sua raccomandazione n. 34.
Il funzionamento previsto in prospettiva del Sinodo sulla sinodalità tra il 2021 e il 2023 potrebbe rappresentare il primo passo in questa direzione. Anche Vos estis lux mundi (maggio 2019) e la riforma del Libro VI del Codice di Diritto Canonico (giugno 2021). Ma dovranno seguirne molti altri.
La posizione delle donne
Anche la posizione delle donne vista attraverso il prisma dei diritti umani è problematica. Quando si legge (14) la testimonianza di donne adulte che hanno subito abusi sessuali, bisogna riconoscere il ruolo che vi svolge l'interpretazione della Scrittura e della teologia come fattore di “minorizzazione”, strumentalizzazione e riduzione peccaminosa... Come ci ricorda Anne-Marie Pelletier in un'opera estremamente ben documentata (15), molte «convinzioni dell'antropologia cristiana sono solo il risultato di un accomodamento della fede alle rappresentazioni culturali di un dato momento» (16). Così, «molto rapidamente, a partire dalla fine del primo secolo, si può intravedere un cambiamento che farà perdere una parte sostanziale della rivoluzione antropologica portata dal Vangelo» (17). Le esitazioni rispetto al rapporto delle donne con l'immagine di Dio (18) sono sorprendenti. «Questo passato che non passa deve essere messo in discussione per fare luce sull'insopportabile enigma che rappresenta la nauseabonda attualità dei crimini e degli abusi commessi nella Chiesa» (19).
Relegate in una doppia asimmetria rispetto ai chierici (in quanto donne e in quanto non ordinate), le donne sono di fatto violate nel loro diritto all'uguaglianza umana e battesimale. L’interdizione della loro ordinazione (Ordinatio sacerdotalis, 1994) può essere vista, per usare la formula di Michael Seewald, come una «narrazione legittimante» (20) da parte del magistero pontificio, esattamente come l'associazione di abuso sessuale e ordinazione femminile nello stesso testo (21), un'associazione confermata (sic) dall'aggiornamento del 2021 del Libro VI del Diritto Canonico (22) che aggiunge un ulteriore livello! Non si sta forse cercando, a costo di violare i diritti umani e i diritti delle donne, di forzare la dottrina, di imporre con l'autoritarismo ciò che è solo «legge puramente ecclesiastica» (e quindi riformabile), come riconosciuto da Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, in occasione della conferenza stampa di presentazione del Libro VI del CIC?
I processi canonici per abusi sessuali del clero su minori e persone vulnerabili
Quando si tratta di giudicare i reati e i crimini commessi da un chierico, le procedure canoniche, nonostante le successive riforme e quella del Libro VI nel giugno 2021, non soddisfano i requisiti del «diritto a un equo processo» come stabilito dall'articolo 6 della CEDU. Nella Chiesa cattolica, questi diritti umani sono solo debolmente o per nulla presi in considerazione quando si tratta di giudicare un prete per abusi su minori o persone vulnerabili. Alcuni esempi lo illustrano.
In primo luogo, come ci ricorda Mélina Douchy-Oudot (23), «l'accessibilità e intelligibilità del diritto canonico» rimangono piuttosto problematiche perché molte norme non sono codificate, o si sovrappongono; e soprattutto, molti concetti non sono chiaramente definiti. Questo vale per i reati contro il sesto comandamento che, nonostante Vos estis lux mundi e il nuovo Libro VI, rimangono un concetto-valore i cui contorni mancano di chiarezza (CIASE, Racc. 37). La pubblicazione delle decisioni penali normalmente aiuta a cogliere l'interpretazione della norma attraverso la giurisprudenza, ma la Chiesa ne pubblica solo una parte (CIASE, racc. 39), e quelle che sono pubblicate, lo sono in latino, il che non contribuisce all'accessibilità e in generale non è accessibile alle vittime.
«La presunzione di innocenza appare solo furtivamente e formalmente in tempi recenti (...) ma non sono state adottate misure per garantirne l'effettivo rispetto» (24). Va detto che fino a poco tempo fa, quella del clero era talmente forte che è stato molto difficile per le vittime essere ascoltate. Da alcuni anni, però, un duplice fenomeno rischia di minare questo principio: la combattività di alcune associazioni e il panico di certi vescovi (25) che licenziano i preti senza prove sufficienti...
«I diritti della difesa sono ancora compromessi dal ricorso massiccio al decreto extragiudiziale, che non li favorisce» (26). Il processo amministrativo, infatti, priva le vittime di qualsiasi processo pubblico e preserva la reputazione della Chiesa, poiché la pena è comminata rapidamente con decreto amministrativo, anche per reati molto gravi, fermo restando, tuttavia, che la dimissione dallo stato clericale può essere pronunciata solo con un esplicito mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF). Ma questo modo di agire, sottolinea Vincent Cador (27), «costituisce una autentica deformazione della procedura: la dimissione dallo stato clericale viene concessa in assenza di qualsiasi garanzia che il rispetto dei diritti di un imputato in un processo penale esige».
L'entità delle sanzioni è particolarmente penosa. Anche anche se il Libro VI modifica parzialmente il regime di condanna (28), il CIC continua a prescrivere «giuste punizioni» (29), una nozione molto problematica quando non c'è una soglia minima di pena (anche per i crimini), con sanzioni che non sono realmente tali e dato che l'Ordinario ha ancora un potere discrezionale molto ampio. Infatti, nonostante la riformulazione del canone 1341 del CIC, quest'ultimo deve comunque privilegiare «l'ammonizione fraterna, la riprensione o altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale». Solo se queste ammonizioni falliscono, l'Ordinario «deve (30) avviare un procedimento giudiziario o amministrativo...». Questa apertura dell'indagine preliminare rimane quindi quanto mai aleatoria! Tanto più che tra il vescovo e il sacerdote esistono legami fraterni, che essi si collocano nel cerchio chiuso del potere, che un processo implica vincoli organizzativi e che va a toccare la reputazione della Chiesa. Se l'inchiesta non viene avviata, però, non è possibile alcuna indagine, alcun processo ecclesiastico... I poteri del vescovo (dell'Ordinario) che decide da solo si rivelano ancora una volta sproporzionati, mentre i diritti della vittima non vengono quasi presi in considerazione.
L'imparzialità e l'indipendenza della giustizia non sono garantite. L'assenza di una chiara separazione dei poteri nella Chiesa apre la strada a derive a tutti i livelli, soprattutto perché gestita quasi esclusivamente da chierici, che non sempre hanno una formazione in diritto canonico, e perché il carattere pubblico della procedura giuridica (diritto all'udienza, sentenza pubblica e pubblicazione della sentenza stessa) non è nemmeno garantito...
I diritti umani menzionati nell'articolo 6 della CEDU sono quindi in larga misura violati e a farne spese sono tutti gli attori in gioco: le vittime in primis, che non sono nemmeno ascoltate in generale. E quando si tratta di donne adulte (31), la loro situazione è ancora più grave, perché il più delle volte vengono considerate responsabili dell'abuso, mentre il contesto le ha "rese” vulnerabili... e le incriminazioni sono ancora più difficili da stabilire. L'abuso di potere non è elencato come tale nel CIC. Ma a farne le spese sono anche i presunti colpevoli, come abbiamo sottolineato, così come la comunità di fede che dovrebbe essere informata di ogni condanna di un chierico abusatore «sia per tutelare il chierico dall'imposizione di una sanzione palesemente abusiva, sia per rafforzare tra i fedeli la convinzione che esiste un'effettiva giustizia canonica» (32).
Non sorprenderà quindi che nella loro lettera (33) del 7 aprile 2021 al Vaticano, i Relatori speciali del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite abbiano, a seguito delle informazioni comunicate alle Nazioni Unite, sollecitato con forza la Santa Sede:
[...] ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che la giustizia e la riparazione siano rese alle vittime in tutto il mondo con indagini rapide e approfondite e sottoposte a esame pubblico; con il perseguimento dei presunti autori di reati e l’applicazione dell'obbligo di denuncia per tutti i membri del clero e del personale che siano a conoscenza di questi atti spregevoli. (p. 1-2)
La Chiesa non ha altra scelta se non quella di lasciarsi interpellare dal grido di coloro i cui diritti umani sono oggi violati dalla sua struttura e dal suo funzionamento istituzionale.
Le pratiche delle Chiese sono conformi ai diritti umani? La risposta deve essere piena di sfumature, poiché per molti aspetti il magistero cattolico, che è stato oggetto di questa riflessione, contribuisce al riconoscimento e al rispetto dei diritti umani. In particolare, in campo socio-politico, nella lotta contro la povertà, la schiavitù, ecc. Tuttavia, la mancanza di una separazione dei poteri, la superiorità ontologica del chierico, la “minorizzazione” della donna, il clericalismo e il gerarchismo... sfociano in violazioni dei diritti umani che minacciano la credibilità della Chiesa. Ma per prenderne coscienza e porvi rimedio, bisogna ascoltare la sofferenza delle persone discriminate, messe da parte, screditate da standard impossibili...
Accettare di essere interpellati dai diritti umani non porta a demolire la Chiesa, ma al contrario a far superare la prova del fuoco a pratiche e comportamenti, oltre che a testi e norme, per verificarne la qualità “aurifera” e per lasciare che il vento dello Spirito soffi via le zavorre... Il riferimento ai diritti umani potrebbe essere uno sprone a un kairos in vista di una Chiesa più evangelica.
Note
- Come altri (Menschenrechte, human rights), preferisco parlare di diritti umani, meno ambiguo dell’espressione "diritti dell’uomo", ancora comune in Francia.
- Benedetto XVI afferma, ad esempio: «È opportuno ricordare che ogni ordinamento giuridico, a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale». (Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale sulla legge morale naturale promosso dalla Pontificia Università Lateranense», 12 febbraio 2007, Documentation Catholique, dicembre 2007, n. 2392).
- Éric Gaziaux (che discute la prospettiva di Philippe Delhaye), "La loi naturelle. Quelques repères historiques et interrogations contemporaines", Revue d'éthique et de théologie morale, 293, 2017/1, pagg. 53-66, qui pag. 58.
- A proposito di queste domande sul tema dell'abuso, rimando ad alcuni lavori su cui questa riflessione si basa, tra le altre: Marie-Jo Thiel, L'Église catholique face aux abus sexuels sur mineurs, Montrouge, Bayard, 2019; "Les abus engendrés par certains excès de pouvoir au sein de l'Église catholique", in Marie-Jo Thiel, Anne Danion-Grilliat, Frédéric Trautmann (dir.) Abus sexuels : écouter, enquêter, prévenir, Strasbourg, Presses universitaires de Strasbourg, coll. "Chemins d'éthique", 2022.
- CIASE è l'acronimo di Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église (catholique). Il rapporto, presentato ai suoi committenti (Conferenza episcopale francese - CEF e Conferenza dei Religiosi di Francia - CORREF) il 5 ottobre 2021, ha dato conto di 330.000 vittime tra il 1950 e il 2021. Il testo fa riferimento otto volte all'espressione "diritti dell’uomo".
- Régine e Guy Ringwald, La bataille d’Osorno. La résistance exemplaire de catholiques chiliens face aux dérives du Vatican, prefazione di Jean-Louis Schlegel, Paris, Temps Présent/Golias, 2020, pag. 13.
- La Conferenza episcopale francese sembra aver compiuto un passo importante in questa direzione in occasione della sua assemblea plenaria a Lourdes dal 2 all'8 novembre 2021, riconoscendo la sua responsabilità istituzionale e decidendo di intraprendere un percorso di riconoscimento e riparazione con le risoluzioni votate e rese pubbliche l'8 novembre 2021. Non finisce qui!
- Su tutti questi termini, si veda Marie-Jo Thiel, "Les abus engendrés par certains excès de pouvoir au sein de l’Église catholique".
- Cfr. Roberto Repose, "Ministère épiscopal et presbytéral en perspective", Recherches de Science religieuse 109/2, aprile-giugno 2021, pp. 313-332. Questa interpretazione del ministero episcopale, scrive l'autore, «si è imposta nel periodo post-conciliare e rende impossibile vedere i diversi ministeri, diaconale, presbiterale ed episcopale, come sinergici e tutti necessari per l'esistenza di una Chiesa» (p. 329).
- Lo abbiamo illustrato con numerose testimonianze in Marie-Jo Thiel, "Les abus engendrés par certains excès de pouvoir au sein de l’Église catholique".
- Ariane Chemin, "Je tremble d'être définitivement chassée de ma vocation", Le Monde, 25 maggio 2021; "Le Vatican confirme l'expulsion sans explication de mère Marie Ferréol, religieuse de Pontcallec", Le Monde, 23 giugno 2021. Céline Hoyeau mette in dubbio alcune affermazioni fatte da A. Chemin in "Questions autour du renvoi définitif d'une sœur de Pontcallec", La Croix, 24 giugno 2021.
- Si tratta di un fatto molto raro, meno di 10 casi al mondo, secondo Ariane Chemin.
- La lettera papale del 2 giugno, firmata dal sostituto della Segreteria di Stato, Edgar Peña Parra, conferma laconicamente l'espulsione richiesta dal vescovo Marc Ouellet. Arriva all’interessata il 18 giugno 2021. Ma, si chiede Le Gouvello, perché non l’ha firmata il papa?
- Si veda Marie-Jo Thiel, “Les abus engendrés par certains excès de pouvoir au sein de l’Église catholique”.
- Anne-Marie Pelletier, L’Église et le féminin. Revisiter l’histoire pour servir l’Évangile, Paris, Salvator, 2021.
- Ibid., quarta di copertina.
- Ibidem, p. 53.
- Anne-Marie Pelletier, L'Église et le féminin. Rivisitare la storia per servire il Vangelo, p. 57 ss.
- Ibidem, p. 83.
- Citato da Daniel Bogner, «Un plaidoyer éthique en faveur de la séparation des pouvoirs dans l’Église catholique. Conséquences de la crise des abus sexuels», E.T. Studies 11?2, 2020, p. 225?238, qui p. 232.
- Si tratta dell’attualizzazione, nel 2010, del Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e delle “Norme per i crimini più gravi" (Normae de gravioribus delictis).
- Can. 1379, § 3.
- Mélina Douchy-Oudot, "La lutte contre les abus sexuels dans l’Église : le cadre canonique", in M.-J. T hiel, A. D anion-Grilliat, F. T rautmann (a cura di), Abus sexuels : écouter, enquêter, prévenir. L'autrice è docente associata di Diritto e avvocato ecclesiastico.
- Mélina Douchy-Oudot, "La lutte contre les abus sexuels dans l’Église: le cadre canonique".
- Si vedano le dimissioni negli Stati Uniti del vescovo Jeffrey Burrill dalla sua posizione di Segretario Generale della Conferenza episcopale statunitense a seguito di accuse di «possibile comportamento inappropriato».
- M. Douchy-Oudot, "La lutte contre les abus sexuels dans l’Église: le cadre canonique".
- Vincent Cador, "Le droit canonique à l'épreuve de la crise des abus", Revue de droit canonique, 71, 2021. L'autore è un magistrato, dottore in legge.
- M. Douchy-Oudot, "La lutte contre les abus sexuels dans l'Église: le cadre canonique". La sua analisi è molto incisiva. Sullo stesso tema, si veda anche Alphonse Borras, "Un nouveau droit pénal canonique?", Association Nouvelle revue théologique , 2021/4, vol. 143, pp. 636-651. Giunge alle stesse conclusioni.
- Si veda la mia analisi su questo punto in Marie-Jo Thiel, L'Église catholique face aux abus sexuels sur mineurs, pp. 156-159.
- Il verbo "deve" (debet) sostituisce "provveda a" della precedente formulazione in questo can. 1341. Era necessario, ma non è ancora sufficiente.
- Cfr. Marie-Jo T hiel, "Les abus engendrés par certains excès de pouvoir au sein de l'Église".
- Vincent Cador, "Le droit canonique à l'épreuve de la crise des abus".
- Lettera del 7 aprile 2021, rif. AL VAT 1/2021. "UN experts urge Catholic Church to act against sexual abuse, provide reparations" (online: [visitato il 27 -07-2021]).